Il governo italiano deve decidere se includere il Ponte sullo Stretto nel Piano di Rilancio (Recovery Plan, per gli esterofili) da sottoporre a Bruxelles per ottenere i “benedetti” fondi europei. Sia il ministro delle infrastrutture e dei “trasporti sostenibili” Enrico Giovannini, che quello per il Mezzogiorno Mara Carfagna, hanno usato argomenti pretestuosi contro il ponte, sostenendo che esso non potrebbe rientrare nelle opere previste dal piano, che secondo le regole UE devono essere completate entro il 2026. È vero che non si riuscirà a completare il ponte entro quella data, ma si potranno fare le opere circostanti per circa 2 miliardi di Euro, mentre per i 3 miliardi previsti per il ponte si può attingere ai fondi di coesione, quelli che proverbialmente l’Italia “non riesce a spendere”.
Il governo si è comunque trincerato dietro l’atteso responso della commissione istituita dal Conte2 per esaminare le opzioni alternative al ponte. Si tratta di una tattica dilatoria, perché le opzioni alternative, compreso il tunnel sommerso, o “ponte di Archimede”, furono tutte esaminate e scartate anni fa. Nell’attesa del rapporto della commissione, che secondo fonti informate sarà pilatesco, buona parte del mondo produttivo, accademico e politico è andato in pressing sul governo Draghi.
* È sorto un intergruppo parlamentare composto da deputati di Lega, Forza Italia e Italia Viva, per sostenere l’inclusione del ponte nel Piano di Rilancio;
* Webuild, il consorzio titolare dell’appalto per il ponte, ha promosso un video di sei minuti che presenta l’opera come un capolavoro della tecnica e come volano di sviluppo per il Mezzogiorno. Il ponte creerebbe 118 mila posti di lavoro e attirerebbe il traffico marittimo commerciale da Suez, facendo dell’Italia meridionale “il polo logistico dell’UE”. Il ponte sarà un’opera unica nel mondo, con la più lunga campata sospesa (3300 metri su una lunghezza totale del ponte di 3660 metri), le più alte torri (399 metri) e la più larga carreggiata del mondo (65 metri). Per la costruzione saranno impiegati 1,5 milioni di tonnellate di cemento e 376.000 tonnellate d’acciaio, e sull’opera completata transiteranno 60 mila treni e 6 milioni di veicoli all’anno.
* “Lettera150”, un’associazione che raccoglie centinaia di docenti universitari ed esperti, ha stilato, sotto la regia del prof. Enzo Siviero (nella foto ad una conferenza dello Schiller Institute), un protocollo d’intesa che dovrebbe essere firmato dopo Pasqua dai Presidenti delle regioni Sicilia e Calabria, in cui si sollecita il governo a “procedere speditamente e in modo coordinato verso il traguardo dell’annullamento della distanza tra Scilla e Cariddi.” Nel lungo documento si afferma tra l’altro, che “si potrà così realizzare, finalmente, la continuità territoriale di uno dei più importanti corridoi europei per l’Italia: il corridoio Transeuropeo (TEN) Berlino – Palermo.
La realizzazione del Ponte sullo Stretto determinerà, oltre al risparmio di tempo per la percorrenza Sicilia-Calabria, enormi vantaggi ambientali con il trasferimento di migliaia di mezzi/giorno dalla gomma al ferro e la riduzione dei traghetti, il cui elevatissimo inquinamento è ormai acclarato. Inoltre, la costruzione del Ponte determinerà un effetto ‘moltiplicatore’ sul sistema infrastrutturale interno ed un rilancio del ruolo dell’Italia quale essenziale protagonista economico e geopolitico del Mediterraneo.”
I lavori del ponte erano già iniziati nel 2011, quando Mario Monti, succeduto al governo Berlusconi-Tremonti, li bloccò come secondo atto del suo governo (il primo essendo stato il pagamento anticipato a Morgan Stanley delle scommesse in derivati). Oggi Mario Draghi è chiamato a rimediare agli errori del passato, compiuti anche come conseguenza della famosa lettera che firmò assieme a Jean-Claude Trichet e che spianò la strada a Monti. Draghi contro Draghi…