Pubblichiamo un resoconto della conferenza dello Schiller Institute che si è tenuta online il 20 e 21 marzo, alla quale hanno partecipato relatori da diverse parti del mondo, tra cui diplomatici ad alto livello dalla Cina e dalla Russia e rappresentanti di governi di nazioni mediorientali.
Aprendo i lavori, Helga Zepp-LaRouche ha sottolineato che alcuni mesi fa, quando fu scelto il titolo della conferenza, “Il mondo ad un bivio a due mesi dall’insediamento dell’amministrazione Biden”, lo Schiller Institute si aspettava che si sarebbero verificati eventi preoccupanti, ma non la rapida escalation a cui stiamo assistendo ora.
Nel suo intervento di apertura, intitolato “La storia umana finirà in tragedia o continuerà con un nuovo paradigma?”, la signora LaRouche ha spiegato: “Se si considera la valanga di recenti dichiarazioni e dottrine militari, che definiscono sempre più la Russia e la Cina come rivali strategici e avversari, sembra che siamo nel quarto o quinto atto di una tragedia globale che si avvicina rapidamente a quello che Friedrich Schiller chiamava il punctum saliens. Questo è il punto del dramma in cui tutti gli sviluppi precedenti portano ad un momento decisivo, in cui il carattere e la visione degli attori principali sul palco determinano se potrà essere trovata una soluzione ad un livello superiore, se potremo accedere ad un Nuovo Paradigma su un piano superiore di pensiero e sfuggire al tragico risultato, o se i protagonisti agiranno secondo la logica di assiomi difettosi e il dramma finirà in tragedia. Ma questa volta non siamo sul palco, è la nostra storia, la nostra vita”. L’epilogo della situazione odierna, ha detto, è una questione di cultura. Dopo aver citato le varie crisi del mondo attuale, Helga Zepp-LaRouche è tornata sul tema fondamentale dell'”immagine dell’uomo” trasmessa dalla nostra cultura. La concezione maltusiana dell’uomo è quella propria di un’oligarchia malvagia, che cerca di controllare e sfruttare la popolazione e per la quale ogni individuo “è un parassita, un peso per Madre Natura, un peso che emette carbonio e contribuisce al riscaldamento globale e quindi, meno sono numerosi questi fastidi, meglio è”. La concezione prometeica, così appassionatamente e splendidamente difesa dal suo defunto consorte Lyndon LaRouche, al contrario “considera ogni essere umano un arricchimento per l’umanità nel suo complesso, poiché ciascuno ha il potenziale di compiere scoperte fondamentali” nella scienza naturale e nella grande arte classica, che portano la nostra specie ad un livello superiore. Quest’ultima concezione ha prevalso in tutti i momenti di grande progresso della storia universale, sia nelle antiche culture di India e Cina, nel Rinascimento arabo, nel Rinascimento italiano, o nella creazione del moderno stato nazionale.

Dar vita ad un Nuovo Rinascimento in tutto il mondo

Con questa introduzione, Helga Zepp-LaRouche ha dato il via a due giorni di lavori in cui sono stati discussi molti aspetti delle crisi che ci troviamo ad affrontare oggi e, soprattutto, le soluzioni da proporre.
Il primo relatore dopo il discorso di apertura è stato Dennis Speed, uno dei leader del movimento larouchiano negli Stati Uniti, che ha parlato del “Principio poetico – Perché e come gli americani devono tornare alla cultura classica”, presentando esempi del sublime espressi sia nel Lied classico tedesco, che negli spirituals afro-americani, così come nella poesia e nel teatro.
Speed è stato seguito da Liliana Gorini, presidente di Movisol, che ha parlato di Dante Alighieri nel 700° anniversario dalla sua morte. Il sommo poeta ha cercato, attraverso le sue opere e creando la lingua italiana, di liberare l’Italia dal dominio dell’oligarchia e ha così posto le basi per il Rinascimento. La sua Divina Commedia, la relatrice ha mostrato, ci porta in un viaggio dall’Inferno al Paradiso, ed è non soltanto un capolavoro poetico, ma anche un trattato di storia, religione, scienza, ed economia.
A Gorini ha fatto seguito Diane Sare, fondatrice del coro di dello Schiller Institute di New York, con una relazione sul principio del sublime nella musica di Beethoven. Carolina Dominguez, leader del movimento messicano di LaRouche, ha presentato un programma educativo per i giovani basato sullo studio delle scoperte originali delle grandi menti della storia. La prima sessione si è conclusa con la presidente americana dello Schiller Institute, Megan Debrodt, che ha parlato delle “Tre missioni su Marte e la specie galattica”. I viaggi spaziali, ha sottolineato, sono un esempio di quali siano gli obiettivi comuni di tutta l’umanità, indipendentemente dalle frontiere nazionali, dal credo religioso o dai sistemi politici.

Cina, Russia, Siria: lo Schiller Institute rende possibile il dialogo tra le nazioni

Ospiti speciali della seconda sessione della conferenza sono stati i rappresentanti dei governi della Repubblica Popolare Cinese, della Federazione Russa e della Repubblica Araba Siriana, che hanno ringraziato lo Schiller Institute per aver reso possibile questo forum su temi così importanti per la pace mondiale e il miglioramento dei rapporti internazionali.
Il console generale cinese a New York Ping Huang ha dissipato le falsità e gli equivoci ampiamente diffusi sulla Cina, la sua storia e il partito comunista cinese. Ha descritto la natura della democrazia nel suo Paese e il fatto che i leader cinesi considerino i diritti umani e il progresso economico come parte dello stesso obiettivo, come dimostra il successo della campagna contro la povertà. Essi promuovono una politica estera definita dal destino comune dell’umanità, riflessa dall’Iniziativa Belt and Road. Come può l’attuale scontro tra Cina e Stati Uniti essere sostituito dalla collaborazione? Il diplomatico ha risposto che l’Occidente deve capire che la Cina non rinuncerà mai al diritto di diventare una nazione moderna e prospera. In secondo luogo, anche se ci sono differenze – ed è naturale che ci siano – esse possono e devono essere gestite rispettando gli interessi fondamentali di tutti. Inoltre, la cooperazione è immediatamente possibile e necessaria a molti livelli, compresi gli sforzi contro il terrorismo, la non proliferazione delle armi nucleari, il superamento della crisi finanziaria e via dicendo.
L’ambasciatore Ping è stato seguito da Alexey Boguslavskiy, primo segretario della missione della Federazione Russa presso le Nazioni Unite, il quale ha avvertito che certi interessi nel mondo transatlantico insistono nel perseguire un “ordine basato sulle regole” di tipo geopolitico, in cui le regole sono definite da una piccola manciata di Paesi, a dispetto del diritto internazionale sancito dalla Carta delle Nazioni Unite. Allo stesso modo, invece di promuovere la cooperazione, si formano blocchi militari o coalizioni di interessi. Boguslavskiy ha detto che con l’infuriare della pandemia di Covid19, la gente nel mondo sta chiedendo – e giustamente – che le grandi potenze cooperino tra loro. Il diplomatico russo ha concluso il suo discorso citando il sesto presidente degli ancora giovani Stati Uniti, John Quincy Adams: “L’America non dovrebbe andare all’estero in cerca di mostri da distruggere”.
La dottoressa Bouthaina Shaaban, consigliere politico della presidenza siriana, ha denunciato la politica americana, recentemente delineata in vari documenti strategici, che è responsabile della distruzione del suo paese nella guerra che dura ormai da dieci anni. Questa politica si basa sull’idea di “supremazia occidentale”, imposta da una NATO transatlantica, i cui Paesi membri si considerano gli unici difensori della democrazia e dei diritti umani. Chiunque non rientri nei loro criteri viene etichettato come “autocrate” e “aggressore”, comprese Russia e Cina.
Il motivo per cui la Siria è stata presa di mira per un cambio di regime, secondo la dottoressa Shaaban, è che “ha una mente politica indipendente e prende decisioni politiche indipendenti”. Nel 2010, la Siria aveva “la quarta economia emergente nel mondo. E ora hanno distrutto la nostra economia, hanno distrutto le nostre scuole, hanno distrutto il nostro stile di vita!” E per farlo hanno usato l’ISIS e altri terroristi, provenienti dalla Turchia, che sono stati armati e sostenuti dagli Stati Uniti e dai loro alleati e continuano ad esserlo.
In conclusione, la signora Shaaban ha auspicato “un paradigma diverso per il futuro dell’umanità”, come quello promosso dallo Schiller Institute. Per altri interventi sulla crisi siriana, vedi sotto.

La chiave per il futuro sta nel progresso economico e scientifico

La seconda sessione ha puntato i riflettori sul movimento emergente per lo sviluppo in America Latina, basato sull’attuale rinascita dell’integrazione patriottica tra Messico ed Argentina, incentrata su ciò che Alejandro Yaya dall’Argentina ha chiamato “l’industria delle industrie – la scienza spaziale”. Dennis Small dell’EIR, Simón Levy e Daniel Marmolejo dal Messico si sono uniti a Yaya nel discutere approfonditamente di come creare un futuro di scienza, crescita economica ed integrazione per l’America Latina. Per Marmolejo, la Cina ha un’importanza chiave per favorire l’integrazione di Messico e Argentina. Yaya ha descritto in dettaglio il suo lavoro in Argentina per istruire i giovani, di tutte le classi, in fisica, robotica e scienze spaziali.
Il quadro strategico è stato completato da un intervento di Denys Pluvinage, vice presidente dell’Alleanza Franco-Russa, sull’importanza globale dei rapporti russo-turchi, seguito da Sultan M Hali, colonnello in congedo e giornalista dal Pakistan, sui benefici della Nuova Via della Seta nella sua area del mondo, e da Richard Freeman dell’EIR su “Grande Reset” e “Green Deal”, che ha definito il nuovo volto del fascismo globale.
L’oligarchia finanziaria transatlantica intende imporre al resto del mondo la “decrescita” economica con il pretesto di “salvare il pianeta dal riscaldamento globale”. Questa bufala è stata sfatata dal dottor William Happer, professore emerito dell’Università di Princeton ed ex membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. Happer ha presentato le prove scientifiche della frode delle affermazioni fatte dagli isterici del clima. Ha anche ridicolizzato la propaganda secondo cui la CO2 è pericolosa, quando è essenziale per la vita, mentre i gas serra sono anche una manna per la produzione alimentare. Ha paragonato il cosiddetto “movimento del cambiamento climatico” a una crociata religiosa, basata molto su credenze e superstizioni, ma su nessuna scienza reale.

Porre fine alle guerre permanenti nel Sud Ovest Asiatico

Da molti decenni ormai il Medio Oriente, più propriamente definito Sud Ovest Asiatico, è sottoposto a manipolazioni geopolitiche, crisi eterodirette e scontri bellici. Crimini contro l’umanità vengono commessi ancora oggi contro i popoli dello Yemen e della Siria. Questi gravi problemi sono stati affrontati nella terza sessione della conferenza dello Schiller Institute.
Il discorso di apertura è stato pronunciato da Hussein Askary, coordinatore dello Schiller Institute per il Sud Ovest Asiatico, che ha lanciato un vibrante appello per portare finalmente giustizia nella regione. Nel Sud Ovest Asiatico vivono 500 milioni di persone, la maggior parte delle quali sono giovani e relativamente ben istruiti. Cercano una prospettiva costruttiva quale alternativa alla geopolitica che tiene la regione in ostaggio con crisi, operazioni di cambio di regime e guerre. Askary ha ripercorso la lunga e appassionata campagna condotta a partire dagli anni ’70 da Lyndon LaRouche per assicurare alla regione lo sviluppo economico, con diversi piani concreti proposti e fortemente sostenuti in quel periodo, ma che alla fine sono stati vanificati dal predominio della strategia del “divide et impera” da parte dell’impero britannico.
Askary, iracheno, è direttamente impegnato nell’istruzione dei giovani, sia nell’Iraq perseguitato dalla violenza, che nello Yemen devastato dalla guerra, sulla dottrina di economia fisica di Lyndon LaRouche, i cui concetti vanno compresi per poter liberare quei Paesi dal dominio delle oligarchie.
Ad Hussein Askary ha fatto seguito il ministro degli Esteri dello Yemen, Hisham Sharaf, che ha ricordato come la sua nazione stia sopportando il sesto anno di una guerra condotta dall’Arabia Saudita e dagli Emirati. Il blocco imposto da questi Paesi impedisce l’ingresso nello Yemen degli aiuti alimentari, dei medicinali e delle forniture per combattere il Coronavirus, mentre la recente conferenza dei donatori dell’ONU non è riuscita a trovare nemmeno la metà delle somme urgentemente richieste dall’ONU (vedi SAS 10, 11/21). Ciononostante, la popolazione yemenita rimane ottimista sulla possibilità di raggiungere la pace, anche se non accetterà mai le condizioni dettate dagli aggressori. Il ministro Sharaf ha espresso la speranza che, “una volta che le armi tacciano”, il suo Paese si unirà attivamente al progetto della Nuova Via della Seta, non solo per beneficiarne, ma anche per dare il proprio contributo positivo al resto del mondo.
Lo sviluppo del suo Paese, nel contesto della Iniziativa Belt and Road della Cina o del Ponte terrestre mondiale dello Schiller Institute, è stato il tema anche del relatore seguente, Haidar Al Fuadi, membro del Parlamento iracheno. Al Fuadi ha sottolineato l’importanza di attivare l’accordo Iraq-Cina, che mira a ripristinare le infrastrutture del Paese distrutte dalla guerra, creare occupazione per le giovani generazioni e superare l’attuale dipendenza dell’Iraq dalle entrate della produzione di petrolio. Decine di migliaia di giovani iracheni, ha detto, potrebbero ricevere formazione e lavoro nella realizzazione di grandi progetti infrastrutturali, tra cui il grande porto di Faw e le linee ferroviarie in tutto il paese.
Shakeel Ahmad Ramay, direttore del China Center al Sustainable Development Policy Institute in Pakistan, ha parlato del Corridoio economico Cina-Pakistan, la cui prima fase ha creato 700.000 posti di lavoro per i pakistani e genererà 4 milioni di posti di lavoro entro il 2030. Lo sviluppo di questo corridoio, ha mostrato, accorcerà anche le distanze di trasporto tra la Cina e l’Europa.

Un patriota americano denuncia le guerre di aggressione

L’ex senatore dello Stato della Virginia Richard Black, è un reduce di guerra e un patriota americano, ma rifiuta profondamente la politica estera USA degli anni recenti. Il suo intervento alla conferenza dello Schiller Institute ha spinto alcuni partecipanti alla chat a commentare che lo vedrebbero bene come ambasciatore nel proprio Paese. Riferendosi alle dichiarazioni del segretario di Stato USA Tony Blinken sulla necessità che la Cina rispetti “l’ordine basato sulle regole”, Black si è chiesto: “Quali sono queste regole di cui parliamo sempre? Sembra che siano quelle che gli USA decidono al momento”.
“Che diritto abbiamo di confiscare le navi di altre nazioni in mare aperto? Le regole dicono che questo è un atto di guerra. Ma non siamo in guerra; e allora le regole dicono che i sequestri sono atti di pirateria. Quali regole ci permettono di imporre blocchi navali a Siria, Iran e Venezuela? Non sono, questi, atti di guerra?
“Quale ordine basato sulle regole dice che possiamo dire alla Germania che la puniremo se si collegano alla Russia con un gasdotto? Quali regole ci permettono di dettare il commercio a qualsiasi nazione sovrana?
“Invadiamo paesi sovrani come Serbia, Iraq, Libia, Yemen e Siria, lasciandoli in macerie. Non proibisce, l’ordine basato sulle regole, le guerre di aggressione? Non processammo i nazisti a Norimberga proprio per queste azioni? Quali regole fanno delle guerre di aggressione un crimine per i nazisti, ma non per noi?
“Ci dicono che combattiamo una guerra al terrorismo, ma non è vero. Siamo alleati dei terroristi, come Al Qaeda, in una spietata missione per distruggere le civiltà arabe in tutto il Medio Oriente. Sono pochi gli americani in grado di elencare le nostre guerre: Serbia, Iraq, Libia, Siria, Yemen, Somalia, Ucraina. Nessuna di queste nazioni ci ha attaccato: le abbiamo attaccate tutte noi.”
Nel caso della Siria, questa era un paese democratico con un’economia stabile e poca povertà, in cui tutti godevano delle libertà religiose (al contrario dell’Arabia Saudita), ma l’establishment di Washington pianificava di rovesciare il governo legittimo di Damasco già nel 2006.
Il sen. Black ha concluso: “Gli americani si sentono regolarmente ricordare che ‘non prendiamo di mira il popolo, ma solo i leader’. Sciocchezze. Rubiamo il cibo, il carburante e le medicine ai poveri. Blocchiamo le forniture per la ricostruzione, così i giovani siriani devono combattere per sopravvivere o morire di fame. Se cessassimo il blocco essi potrebbero ricostruire il paese. Per ora, l’unica occupazione è la guerra, che andrà avanti finché continueremo a finanziarla.
“Il mondo deve rifiutare queste guerre infinite. Combattiamo contro i siriani da dieci anni, ma opprimiamo gli iracheni da trent’anni, bombardandoli pur occupando già il Paese. La pazzia deve finire”.

Siria: prevalga la pace attraverso lo sviluppo

Dalla Siria stessa, il Dott. Ziad Ayoub Arbache, docente presso la Facoltà di Scienze Economiche dell’Università di Damasco, ha fornito una panoramica dell’orrenda distruzione dell’economia siriana dopo dieci anni di guerra. Prima dell’inizio della guerra (erroneamente chiamata civile), la Siria stava vivendo una crescita economica, con un forte attivo nella bilancia commerciale agricola, l’indipendenza energetica, l’esportazione di petrolio, zero debito estero e un crescente tenore di vita. Da allora tutto questo è stato spazzato via. Il Dott. Arbache sostiene l’approccio dello Schiller Institute, quello della “Pace attraverso lo sviluppo”, e si è detto convinto che lo ”sviluppo condiviso” sia l’unico modo per porre fine alle guerre e ai conflitti in Medio Oriente.
Questa prospettiva è stata sostenuta anche da Michel Raimbaud, ex ambasciatore francese in diversi paesi arabi, africani e latino-americani, ed ex direttore dell’Ufficio francese per la protezione dei rifugiati (OFPRA). Raimbaud ha mostrato che la Siria è chiaramente una “vittima dell’aggressione internazionale” condotta da potenze come gli Stati Uniti e il Regno Unito, in modi che rientrano nella definizione di “guerre di aggressione” del Tribunale di Norimberga.
Concludendo la terza sessione, Jacques Cheminade di Solidarité et Progrès, ha lanciato un appello per cambiare il corso delle politiche che hanno messo in forse la sopravvivenza dell’umanità intera. Questo è un momento di grande tragedia, ha detto, ma dobbiamo lavorare per mettere in atto una politica alternativa, che ha illustrato nel suo intervento.
La quarta sessione, di cui parleremo nel prossimo numero, ha affrontato le “sfide congiunte da carestie e pandemie”. Ha visto come relatori diversi specialisti della sanità e leader del settore agricolo, uniti nel sostenere la necessità di un sistema sanitario globale (con esempi concreti in Africa) e di raddoppiare la produzione alimentare mondiale, assicurando la sconfitta dei cartelli internazionali.