I partecipanti al vertice d’emergenza delle nazioni arabe il 4 marzo al Cairo hanno approvato la proposta egiziana per la ricostruzione di Gaza, come parte di una soluzione a due Stati tra Palestina e Israele. Il piano prevede la creazione di un paesaggio urbano e rurale moderno. Anche se la proposta andrebbe migliorata con l’aggiunta del Piano Oasi di LaRouche, essa è un passo importante nella giusta direzione e riflette il potenziale per cambiamenti fondamentali nella regione.
Secondo il piano elaborato dall’Egitto, denominato “Trasformare Gaza in una città intelligente”, la ricostruzione durerebbe cinque anni, per concludersi nel 2030, avrebbe un costo totale di 53 miliardi di dollari e prevede di ospitare una popolazione di tre milioni di palestinesi. All’inizio, Gaza sarà amministrata da un gruppo di tecnocrati e da figure non di parte, sotto l’egida dell’Autorità Palestinese. In totale, verrebbero creati circa 500.000 posti di lavoro, suddivisi nei seguenti settori: edilizia abitativa, 80.000; industria, 70.000; turismo, 60.000; servizi, 90.000; agricoltura, 120.000; pesca, 80.000.
I primi sei mesi sarebbero necessari per una fase iniziale di sgombero delle macerie, per preparare la costruzione di 200.000 alloggi temporanei per 1,2 milioni di persone, per riparare le case solo parzialmente danneggiate e per attuare un programma di protezione sociale. Le due fasi successive vedranno la creazione di servizi e reti, la costruzione di unità abitative permanenti, la bonifica dei terreni, la costruzione di una rete stradale e la creazione di una zona industriale, di porti per la pesca e commerciali, di un aeroporto, ecc.
Il progetto si basa su idee e metodi che l’Egitto ha utilizzato per costruire le prime dodici di ventiquattro nuove “città intelligenti”. Queste muove città ospiteranno fino a cinque milioni di residenti ciascuna. Alcune, come la nuova capitale amministrativa egiziana, sono state costruite in collaborazione con la Cina.
Il piano prevede finanziamenti da parte delle Nazioni Unite, delle istituzioni finanziarie internazionali, dei Paesi donatori, delle banche di sviluppo, nonché investimenti diretti esteri e partenariati con il settore privato. Un fondo fiduciario supervisionato a livello internazionale è destinato a distribuire i fondi. L’Egitto intende ospitare una conferenza ministeriale al Cairo, in collaborazione con l’Autorità Palestinese e le Nazioni Unite, per raccogliere il sostegno finanziario.
È importante notare che in una discussione telefonica con il Ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty il 6 marzo, l’inviato speciale dell’Amministrazione Trump in Medio Oriente, Steve Witkoff, ha definito il piano arabo un “primo passo in buona fede”, con “molte caratteristiche convincenti”. Anche il governo cinese, nella persona del ministro degli Esteri Wang Yi, ha appoggiato il piano, sottolineando l’importanza dell’indipendenza della Palestina.
In vista della conferenza del Cairo, è circolato in Egitto e nella regione un articolo in arabo di Hussein Askary dello Schiller Institute e del BRIX Sweden, intitolato “A Solution for Gaza and Palestine in the Context of the Belt and Road Initiative”. Il documento analizza anche l’importanza del Piano Oasi per il Medio Oriente (cfr. https://eir.news/2025/02/a-solution-for-gaza-and-palestine-in-the-context-of-the-belt-and-road-initiative-2/).