L’atroce scoperta di 71 corpi in un camion refrigerato in Austria aggiunge una nuova dimensione all’orrore del dramma dei migranti disperati che cercano rifugio in Europa. La mancanza di una politica coerente per affrontare il problema ha screditato ancor di più i leader europei, alimentando le tendenze xenofobe ed estremiste in vari paesi.

Ciò che la burocrazia dell’UE lascia deliberatamente fuori dal dibattito è la causa primaria del flusso di migranti, vittime del criminale traffico di esseri umani, ovvero le guerre e il caos provocati dalle potenze occidentali, a partire dagli Stati Uniti, in Medio Oriente ed Afghanistan negli ultimi decenni, basate su menzogne geopolitiche. La Siria è l’esempio tragico più recente di questa politica.

Oggi, stando ai dati diffusi dall’ONU, ci sono 60 milioni di persone in marcia in tutto il mondo. L’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani stima che oltre 300.000 rifugiati abbiano tentato di attraversare il Mediterraneo quest’anno, rispetto ai 219.000 dello scorso anno. Di questi, almeno 2.500 sono annegati. I dati raccolti dai singoli paesi superano la cifra indicata dall’ONU. Un rapporto del maggio scorso indica che il trasporto di ‘clandestini’ abbia fruttato oltre 320 milioni di dollari all’ISIS e altri gruppi terroristici jihadisti.

Eppure c’è una soluzione ragionevole e dignitosa al problema che dovrebbe essere ovvia a tutti: porre fine alla geopolitica e promuovere lo sviluppo economico e la costruzione di un futuro pacifico in quei paesi in cui le popolazioni civili oggi fuggono mettendo a rischio la propria vita.

Un modello di soluzione è quello offerto dallo studio presentato lo scorso anno dallo Schiller Institute, The New Silk Road Becomes the World Land Bridge (La Nuova Via della Seta diventa il Ponte Terrestre Mondiale). Un capitolo di questo studio illustra i progetti di sviluppo urgentemente necessari in Medio Oriente e in Africa del Nord e Centrale. Le vaste aree desertiche potrebbero inverdire, con la costruzione di infrastrutture e sviluppando l’agricoltura e l’industria, che indurrebbero molte fazioni oggi in guerra a collaborare. L’UE dovrebbe investire in questi progetti.

Un esempio di sviluppo economico reale viene dall’Egitto, dove il Presidente el-Sisi ha mobilitato la popolazione prima sulle prospettiva di completare il nuovo Canale di Suez, ed ora di attuare ambiziosi progetti nelle infrastrutture e nell’industria. Anche se restano molti problemi da risolvere, gli egiziani hanno risposto con entusiasmo a questo piano nazionale, invece di cercare di lasciare il paese.

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