Il centro del potere economico mondiale si è spostato da molto tempo fuori del mondo transatlantico. La nuova dinamica è incentrata sulla Cina, è sostenuta da Russia, India e una miriade di altri Paesi in via di sviluppo in Asia, Africa e Sud America che ne entrano a far parte entusiasticamente.

Perfino gli Stati Uniti sono pronti al cambiamento, come ha dimostrato la vittoria a sorpresa di Donald Trump. Eppure, i leader europei affondano sempre di più nelle sabbie mobili del vecchio paradigma, incapaci di cambiare. Basti guardare le loro politiche economica e strategica.

È universalmente riconosciuto che i diktat finanziari dell’Unione Europea si sono rivelati un disastro. L’austerità e la mancanza di investimenti hanno gettato milioni di cittadini nella povertà mentre viene strangolata sempre di più l’economia reale. Ed è precisamente questa politica dell’UE che è stata respinta dagli elettori italiani al referendum del 4 dicembre.

Eppure gli eurocrati rilanciano la stessa medicina. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha avuto il coraggio di dichiarare il 5 dicembre che non c’è alcun motivo “di parlare di una crisi dell’Euro”, aggiungendo che l’Italia “deve continuare il percorso economico e politico avviato dal Premier Renzi”. I suoi colleghi hanno fatto dichiarazioni simili, anche se magari meno spudorate.

Sempre Schäuble ha sollecitato la Grecia, dove quasi il 40% della popolazione ha superato ormai la soglia della povertà, a varare altri tagli al bilancio e agli stipendi, altrimenti la Grecia dovrà lasciare l’Eurozona. I ministri delle finanze dell’Eurozona hanno decretato che Atene dovrà attenersi ad un surplus primario del 3.5% del PIL fino al 2028, per poter ripagare il debito. Ma nessun paese dell’UE si è mai avvicinato a quel livello, tanto meno la Germania, che ha un surplus primario di poco superiore al 2%. Nessuno si aspetta che questa misura funzioni, anche se non lo si ammette pubblicamente.

Nel frattempo, Mario Draghi proclama che dopo l’Euro, anche il Quantitative Easing avrà vita eterna.

Sulla Russia, si spera che Donald Trump farà seguito alla sua promessa di migliorare i rapporti con Mosca e cooperare contro il terrorismo internazionale, che è tornato a colpire (vedi sotto). Tuttavia, i leader europei si attengono al loro paradigma fallimentare dello scontro con la Russia. La responsabile degli Affari Esteri dell’UE Federica Mogherini insiste che l’UE non cambierà la sua politica contro la Russia nemmeno se lo faranno gli Stati Uniti col Presidente Trump. Le ha fatto eco la Premier britannica Theresa May, che ha sbraitato contro “la crescente assertività russa”.

Angela Merkel, di fatto nominata nuovo capo della coalizione “da guerra fredda” della NATO da parte del Presidente uscente USA durante la sua visita a Berlino dopo le elezioni, sta già accusando i russi di pianificare ciber-attacchi per influire sull’esito delle elezioni politiche tedesche nel 2017, contro di lei. Paradossale, se si ricorda che era invece la NSA di Obama a spiare sulla Cancelliera e, presumibilmente, anche su tutte le altre istituzioni in Germania.

E naturalmente le sanzioni dell’UE contro la Russia verranno rinnovate, nonostante la forte opposizione in tutti i Paesi dell’UE.