Gli interminabili meeting dell’Eurogruppo e del Consiglio dell’UE che si succedono da un mese non hanno lo scopo di “rispondere alle conseguenze socio-economiche della pandemia” come si pretende ufficialmente. Il vero tema in agenda è l’approvazione della riforma del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) la cui firma si procrastina dal 12-13 dicembre, quando il governo italiano, incalzato dal Parlamento, chiese un rinvio.

Con la riforma, il MES diventerebbe un “backstop” (una riserva) del Single Resolution Fund (SRF), organismo creato a sua volta dall’UE per “risolvere” le banche insolventi nel contesto dell’Unione Bancaria. Come si può leggere sul sito della Commissione Europea, “nell’eventualità che il SRF si esaurisca, il MES può agire come backstop e prestare i fondi necessari al SRF per finanziare una risoluzione”.
Poiché il SRF ha solo 33 miliardi (dati del luglio 2019), un valore che dovrebbe salire fino all’1% dei depositi garantiti in tutti gli istituti di credito dell’Unione Bancaria entro il 31 dicembre 2023, è chiaro che nel caso di un fallimento bancario il MES dovrà essere attivato. Non a caso, i Paesi con grandi banche in difficoltà, come la Germania, premono per anticiparne al 2021 l’entrata in funzione.
Come abbiamo più volte ripetuto, il MES è giuridicamente un’aberrazione ed economicamente dannoso. È un trattato internazionale che attribuisce poteri enormi sulla vita di 500 milioni di cittadini europei a un organismo che si comporta come un consiglio d’amministrazione, dove una
maggioranza qualificata può ordinare da un giorno all’altro ai governi di versare quote di decine di miliardi per salvare megabanche in difficoltà. E questo, godendo della piena immunità di legge e senza pubblicare i verbali.
Nel caso di una crisi bancaria – certa come l’amen in chiesa – il MES (o anche il Single Resolution Fund, che si muove in avanscoperta) confischerà azioni, obbligazioni e conti correnti dai 100 mila euro in su (bail-in), dopodiché impegnerà fino a 700 miliardi per salvataggi bancari tradizionali, saldando i debiti finanziari (speculativi) verso il resto del sistema, così garantendo che i grandi investitori, quelli che dalla crisi del 2008 hanno accresciuto la loro ricchezza mentre la classe media veniva decimata, salvino i propri patrimoni.
Ma 700 miliardi sono una barzelletta, a fronte dei 28 mila miliardi di dollari in salvataggi bancari che è costata la crisi del 2008 solo alla Fed.
È scandaloso che i governi di Berlino, Parigi e Roma acconsentano a varare questo trattato dettato dai mercati finanziari. Il governo Conte ha finora temporeggiato, ma molti temono che stia solo aspettando una scusa plausibile per apporre la firma.