Al vertice sul Dialogo Nazionale Siriano che si è tenuto a Soci, in Russia, il 29-30 gennaio, indetto da Russia, Iran e Turchia, è stato fatto un passo avanti verso una Siria sovrana, unita ed economicamente in ripresa, dopo sette anni di guerre sanguinarie.

Il vertice si è concluso con una risoluzione per stabilire una commissione costituzionale, composta dai 150 rappresentanti del governo siriano e da tutti i gruppi di opposizione. Il fatto che l’inviato speciale dell’ONU Staffan De Mistura abbia partecipato al vertice e che i 1.393 partecipanti e osservatori (inclusi i funzionari dell’ambasciata americana, britannica e francese a Mosca) si siano detti d’accordo che le Nazioni Unite supervisionino l’operato della commissione, conformemente al processo di pace di Ginevra, costituisce un importante passo avanti nei negoziati per la pace. Anche se non c’era una rappresentanza ufficiale della fazione siriana sostenuta dai sauditi, era presente una decina di rappresentanti individuali e Nasr Hariri, ex capo dell’organizzazione, ha confermato che lavorerà con De Mistura sul progetto costituzionale post Soci.
Mentre lo Stato Islamico (ISIS) e Al Qaeda stanno per essere definitivamente sconfitti in Siria, il futuro di quel Paese dipende da ingenti investimenti nella ricostruzione nazionale, una volta vinta l’ultima battaglia contro i terroristi. Le forze dell’ISIS e di Al Qaeda sono ormai accerchiate nella provincia di Idlib e molti jihadisti sono fuggiti nel Sinai, in Afghanistan e nel Caucaso.

A questo punto, la chiave sta nell’Iniziativa Belt and Road della Cina (BRI). L’inviato speciale cinese in Siria Xie Xiaoyan, che ha parlato a Soci, ha annunciato che la Cina è “pronta a partecipare alla ricostruzione postbellica della Siria”. Ha sottolineato che la guerra al terrorismo deve continuare dopo la quasi sconfitta totale dei jihadisti e che le minacce non sono eliminate del tutto, ma permangono anche in alcune parti della Cina. Nel maggio 2017 Imad Mustafa, l’ambasciatore siriano in Cina, aveva stimato che quasi 5.000 cittadini cinesi, quasi tutti della regione dello Xinjiang nel Nord-Ovest della Cina, fanno parte del Partito Islamico del Turkestan, separatista e terrorista.

In realtà, la Cina ha già cominciato a investire economicamente. A partire dal novembre 2017 ha inviato 5.000 tonnellate di riso in Siria, usando denaro di un fondo destinato agli aiuti alle nazioni che partecipano all’Iniziativa Belt and Road. Pechino ha promesso di investire 2 miliardi di dollari per costruire un parco industriale in cui opereranno 120 imprese cinesi. Il Presidente siriano Bashar al Assad ha dichiarato che le imprese cinesi sono le benvenute in ogni settore dell’economia siriana e i leader cinesi hanno fatto sapere di essere in contatto sia col governo siriano sia con i gruppi di opposizione.

I porti siriani di Latakia e Tartus (foto), in particolare, vengono visti dai cinesi come una parte importante della Via della Seta marittima. Il luglio scorso la Cina indisse una fiera per progetti di ricostruzione siriani e in settembre, all’Assemblea Generale dell’ONU, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi incontrò la sua controparte siriana Walid Muallem per discutere il ruolo della Siria nella BRI. In novembre, Wang Yi incontrò l’emissaria personale di Assad, Bouthania Shaaban.