Nell’ambiente altamente polarizzato della campagna presidenziale statunitense è stata sollevata più volte la prospettiva che uno spoglio dei voti incerto possa provocare una crisi costituzionale. Ciò è collegato alla logistica dello spoglio stesso, dato che un alto numero di voti per corrispondenza potrebbe ritardare la conta di giorni e forse di settimane. Il timore del contagio nelle file ai seggi fa prevedere un sensibile aumento dei voti per corrispondenza rispetto a quattro anni fa.
Che cosa accadrà se il 4 novembre risulterà che Trump avrà vinto abbastanza stati da conferirgli un’apparente vittoria nel collegio elettorale, pur non avendo vinto il voto popolare (come nel 2016), ma poi il risultato fosse ribaltato nei giorni successivi dallo spoglio delle schede giunte per corrispondenza, assegnando qualche stato a Biden?
Come minimo ci sarà un’intensa e complessa battaglia legale, con i democratici che già sostengono che Trump non lascerà la carica ma accuserà gli avversari di avergli rubato la vittoria con i brogli eseguiti sulle schede per posta, difficilmente certificabili. Questo scenario ha portato gli stessi democratici, corifei anti-Trump e ufficiali in pensione ad auspicare un intervento militare per rimuovere fisicamente Trump dalla Casa Bianca. Trump si è rifiutato di rispondere ad una domanda ipotetica e questo è stato usato come spunto per sostenere che non accetterà il responso delle urne in caso di vittoria di Biden.
Questa discussione è diventata più accesa quando la scomparsa del giudice Ruth Bader Ginsburg ha offerto a Trump l’opportunità di consolidare la maggioranza “conservatrice” nella Corte Suprema.

La controversia sulla nomina per la Corte Suprema USA

Dopo la scomparsa di Ruth Bader Ginsburg, Trump ha nominato Amy Conen Barrett come sostituta. Ciò è pienamente nei suoi poteri, dato che la Costituzione stabilisce che il Presidente in carica nomini i giudici della Corte Suprema, che devono successivamente essere approvati e confermati dal Senato e rimanere a vita. Tuttavia, i democratici hanno sostenuto che fosse inaccettabile nominare un membro della Corte Suprema così a ridosso del voto che potrebbe eleggere un nuovo Presidente e una nuova maggioranza al Senato. Essi temono che Trump, avendo sulla carta i voti per confermare Barrett, una Corte Suprema così fortemente conservatrice potrebbe essere un fattore determinante a favore di Trump se l’esito del voto fosse contestato e se la disputa giungesse di fronte alla Corte.
I democratici si rifanno al precedente di Obama nel 2016, quando la maggioranza al Senato si rifiutò di indire un’audizione per confermare la scelta del Presidente in sostituzione di Antonin Scalia, e perciò, sostengono, il voto sulla sostituzione di Ginsburg dovrebbe essere rimandato a dopo le elezioni. Tuttavia, l’argomentazione dei democratici è stata già confutata nel passato proprio dalla Ginsburg.
La Ginsburg, convinta paladina dei diritti delle donne e per questo considerata un’icona dai democratici, espresse il suo parere nel 2016 riguardo alla nomina di Obama di cui sopra. Lei rispose chiedendo: “Se il Senato non agisce [perché la maggioranza si opponeva alla scelta di Obama], che cosa ci si può fare?” e aggiungendo: “Il Presidente è eletto per quattro anni, non tre, perciò i poteri che ha il terzo anno continuano nel quarto e forse qualche membro del Senato si sveglierà e apprezzerà il fatto che è così che deve essere”. In altre parole, non c’è alcuna norma costituzionale che vieti al Presidente di nominare un giudice costituzionale alla fine del mandato.
Le dichiarazioni della Ginsburg sono alquanto scomode per chi crede ai sondaggi che danno Biden per vincente e che teme che premettendo ai repubblicani di approvare la nomina della relativamente giovane Barrett blinderà una maggioranza conservatrice alla Corte Suprema per molti anni a venire. Mell’immediato, temono che la maggioranza della Corte possa determinare il risultato delle elezioni. La questione sta ora diventando un tema della campagna elettorale, in quanto gli anti-Trump sostengono erroneamente che il Presidente abbia agito in sprezzo della Costituzione.