Nel fine settimana del 17-19 marzo sono partiti ordini per Berna e Zurigo da New York, Londra e Bruxelles, per salvare la banca Credit Suisse “whatever it takes”. La fuga dei depositi, divenuta inarrestabile, e l’erosione del capitale azionario stavano portando il gigante svizzero rapidamente alla bancarotta. Questa avrebbe innescato una crisi sistemica, data l’esposizione delle banche USA ai derivati CS.
Alla fine, è stato deciso che l’altro gigante bancario svizzero, UBS avrebbe acquisito il rivale storico. Tuttavia, per far ingoiare l’amaro boccone, a UBS sono state concesse tante e tali agevolazioni che l’acquisizione è diventata in realtà un salvataggio di stato mascherato. UBS sborserà 3 miliardi di franchi svizzeri (CHF), ovvero meno della metà del valore di mercato, già ridotto all’osso, di CS; il governo svizzero ha sospeso i diritti degli azionisti, i quali non potranno opporsi ad una tale svalutazione (chissà come saranno felici gli sceicchi sauditi e del Qatar che assieme possiedono oltre il 16% delle azioni, pagate 4 CHF ed ora valutate 76 centesimi).
Inoltre, UBS sarà sgravato di 16 miliardi di CHF di debito obbligazionario subordinato di CS, i cui possessori non vedranno una lira, e riceverà fino a 9 miliardi CHF dalla BNS (banca centrale), qualora le perdite saranno superiori ai 5 miliardi. Inoltre, la BNS ha allestito due reti di salvataggio, ognuna di cento miliardi CHF, in forma di prestiti di emergenza. Il tutto fa 225 miliardi di CHF.
Nel frattempo, sull’altra sponda dell’Atlantico, la Federal Reserve pompava denaro a ritmi più elevati che nel 2008. Nella settimana delle Idi di Marzo, le banche USA hanno attinto 164,8 miliardi di dollari da due sportelli di emergenza della Fed, di cui 152,85 miliardi elargiti dalla sola discount window, la riserva tradizionale di liquidità per le banche, battendo il record di 111 miliardi precedentemente stabilito, appunto, durante la crisi del 2008!
Con i salvataggi delle banche regionali in USA e il megasalvataggio di Credit Suisse, le banche centrali hanno messo sul tavolo oltre 700 miliardi di dollari solo la scorsa settimana. E la storia non è finita.
Nella mattinata di domenica 19 marzo, sei banche centrali hanno emesso un comunicato congiunto per annunciare una rete di salvataggio illimitata a mezzo di accordi di dollar swap. Le sei banche sono la Banca d’Inghilterra, la Banca del Canada, la Banca del Giappone, la BCE, la BNS e la Federal Reserve. La dichiarazione, pubblicata dalla Fed, dice: “Per migliorare l’efficacia delle linee di swap nel fornire finanziamenti in dollari, le banche centrali che attualmente offrono questo servizio hanno concordato di aumentare la frequenza delle operazioni a scadenza settimanale, che diventano quotidiane. Queste operazioni quotidiane inizieranno lunedì 20 marzo e continueranno almeno fino alla fine di aprile.”
La crisi del 2008 è tornata – in realtà non se n’era mai andata. E il QE è tornato su scala più grande che nel 2008, perché il debito nel frattempo è aumentato.

E in tutta Europa si torna a parlare dell’urgenza di ripristinare la legge Glass-Steagall (netta separazione bancaria, niente più garanzie dello Stato agli speculatori). Se ne discute in Svezia, in Svizzera, dove il Partito Popolare e il Partito Socialista avevano presentato anni fa mozioni per Glass-Steagall, e se ne discute anche in Italia dove Movisol ha promosso ben dieci mozioni al Parlamento italiano su Glass-Steagall, e nel 2018 una petizione per il suo ripristino, promossa da Massimo Richard Kolbe Massaron e Movisol, è stata sottoscritta da 217 personalità italiane, tra cui numerosi dirigenti di partiti politici, tra cui la Lega. Ci si chiede quindi: quando verrà discussa al Parlamento italiano?