Come previsto, la Commissione UE ha rilevato che deficit e debito dell’Italia saranno superiori alle quote programmate per il 2019 e per il 2020 e ha richiesto una manovra immediata per evitare una procedura d’infrazione. La decisione della Commissione, annunciata da Moscovici (nella foto con il ministro Tria) e Dombrovski il 5 giugno, è stata accompagnata dai soliti articoli di biasimo sull’Italia dei media internazionali compiacenti.

Mentre diversi elementi del puzzle mancano ancora all’incastro (vi sarà da eleggere una nuova Commissione e un nuovo Presidente del Parlamento Europeo e potrebbe esservi un rimpasto a Roma), il governo italiano ha annunciato che, pur cercando il dialogo con la Commissione, non devierà della linea anti-austerità.

La posizione italiana è stata delineata dal presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato Alberto Bagnai in un articolo sul Financial Times il 6 giugno. Bagnai ha auspicato “un cambiamento di rotta radicale” nella politica economica dell’UE e in particolare l’abolizione delle disastrose regole del Patto di Crescita e Stabilità (PCS). Crescita e occupazione, e non la stabilità dei prezzi, dovrebbero essere gli obiettivi della politica economica, secondo Bagnai.

Il PCS “ha reso le regole sempre più complicate, con un esagerato riferimento all’output potenziale. L’intenzione era lodevole: i leader UE cercavano di dare maggiore flessibilità fiscale a paesi in grave crisi perché l’output reale era inferiore al potenziale”.

“Il risultato è stato disastroso: nel tentativo di rendere le regole meno rigide le hanno rese più pro-cicliche. L’output potenziale non si può misurare perché non esiste: è un calcolo complicato basato sui risultati economici del passato. Se un paese entra in una recessione profonda, o esso viola immediatamente e fortemente la regola del 3% (come fece la Francia nel 2009), o ogni bilancio espansivo negli anni successivi viene respinto da Bruxelles perché inflazionistico, con la motivazione che farà salire la domanda al di sopra dell’outputpotenziale”.

L’esempio della Spagna mostra come “le attuali regole non solo costringono i paesi ad applicare l’austerità nei tempi cattivi, ma inducono anche alla prodigalità fiscale nei tempi buoni, aprendo la strada a crisi più gravi”.

“La conseguenza economica della prociclicità è un crescente divario tra i paesi membri dell’UE. Da un punto di vista politico, l’opacità e la variabilità pongono ulteriori problemi. Non può esserci uno scrutinio democratico di regole che persino economisti professionisti trovano di difficile comprensione e i cui risultati sono soggetti a profonde revisioni statistiche”.

“L’elettore ordinario non capisce ciò che percepisce come due pesi e due misure nell’applicazione delle regole e il perché al loro governo nazionale viene impedito di usare la spesa per stimolare la crescita quando l’inflazione è vicina all’un per cento. Questo provoca sfiducia nel progetto europeo”.

“Il governo italiano è deciso ad affrontare questo problema. Ciò richiede un cambiamento radicale di rotta della politica economica. In tempi di bassa inflazione, dobbiamo cessare di fare della stabilità dei prezzi la misura del successo. Crescita e occupazione devono (cautamente) sostituirla”.

“Inoltre, se vogliamo evitare la demagogia, deve essere ristabilita la trasparenza nel dibattito politico. È ora di abbandonare l’output potenziale come punto di riferimento principale e tornare a regole semplici e a un ruolo più forte dei parlamenti nazionali ed europeo”.

Bagnai chiede di tornare alle “semplici” regole di Maastricht del 3% di deficit sul GDP nominale. In aggiunta, “dovrebbe essere introdotta una ‘golden rule’ che gli investimenti di capitale, fisico e umano, non dovrebbero essere inclusi nella regola del deficit (entro le attuali regole contabili, gli investimenti in capitale umano sono assurdamente etichettati come spese del governo)”.

“Noi in Italia offriamo questo set minimo di proposte in uno spirito genuino di solidarietà europea. Il governo italiano ha saggiamente deciso di rispettare nel frattempo le regole esistenti. Si spera che alla responsabilità corrisponda un impegno egualmente responsabile dei suoi partner a [varare] un new deal europeo”.

In un’apparizione a Porta a Porta, Bagnai ha rimarcato che ciò che oggi chiede l’Italia, lo chiederanno tutti domani. Per questo, “ci saranno grati”. Bagnai ha anche smentito che l’Italia pianifichi di uscire dall’euro, rispondendo alle voci alimentate dai media in reazione alla mozione non vincolante della Camera dei Deputati che suggerisce l’adozione dei mini-BOT.