I prezzi delle materie prime sono esplosi nel 2020 e nei primi mesi del 2021 e continuano a salire spinti dalla speculazione finanziata dalla liquidità messa a disposizione dalle banche centrali. Il mondo accademico si divide su come interpretare il fenomeno, tra chi lo considera una fiammata temporanea e chi parla di “superciclo” di attività economica (cioè la ripresa post-pandemia che traina la domanda).
“Tertium est datur” verrebbe da dire, soprattutto se si considera che gli stessi economisti fallirono miseramente nel prevedere lo scoppio della crisi finanziaria nel 2008 e sostenevano che fosse una semplice “correzione”, anche nel mezzo della frana dei subprime. Quello che gli economisti con i paraocchi dei metodi statistici non vedono fu anticipato da Lyndon LaRouche, il quale indicò i due unici modi in cui il sistema sarebbe collassato: con fallimenti a catena o con una fiammata iperinflazionistica; questa seconda opzione quale inevitabile risultato della decisione di rifinanziare il debito impagabile del sistema. Alla previsione di LaRouche potrebbe essere presto resa giustizia.
Infatti, se i prezzi delle materie prime continueranno ad aumentare, i produttori non saranno più in grado di assorbire i costi e li trasmetteranno al consumatore. Attualmente la speculazione sulle “commodities” offre guadagni più elevati rispetto ad altri investimenti finanziari e solo una stretta nei tassi potrebbe invertire la situazione – ma le banche centrali promettono di mantenere aperti i rubinetti della liquidità. Non c’è bisogno di descrivere che cosa accadrebbe nello scenario peggiore in cui l’ulteriore espansione monetaria incontri un crollo delle aspettative nei prezzi dei titoli finanziari e gli investitori si buttassero ad accaparrare materie prime.
Il prezzo del Brent, il punto di riferimento sui mercati energetici, è salito dell’82% da ottobre. Il rame è aumentato del 67% in un anno ed è ai massimi dal 2011. I generi alimentari sono risaliti ai livelli del 2014, secondo l’indice delle Nazioni Unite.
Come spiega un articolo di Bloomberg, “nell’era dei tassi di interesse bassi e della rendita obbligazionaria depressa, variare posizione sulla curva dei future delle merci offre agli investitori passivi dei guadagni attraenti. È un tema che ha visto alcuni dei settori di ricerca delle più grandi imprese di Wall Street, da Goldman Sachs a Citigroup, fare il tifo per i guadagni da commodities quest’anno”.
Gli hedge funds hanno scommesso sul rialzo dei prezzi delle commodities dopo la pandemia e hanno investito nel cosiddetto “positive carry”: “È un sistema che attira denaro speculativo nelle commodities, incrementando i guadagni futuri”.
https://www.bloomberg.com/news/articles/2021-02-23/the-reason-commodities-keep-rising-they-re-the-home-of-yield
Se si confronta la curva dei prezzi delle commodities, in salita dai primi mesi del 2020, con quella delle scommesse al rialzo, le due curve sono sovrapponibili.
Finora i produttori sono riusciti a evitare un aumento dei prezzi al consumo, ma la soglia è stata raggiunta. Imprese di costruzione dell’Eurozona intervistate dall’EIR riferiscono di essere costretti a trasmettere i prezzi ai clienti e di aver ridotto le scadenze dei preventivi da 60 a 15 giorni.
Nel settore dell’edilizia in Italia si registrano prezzi del rame e del ferro ai massimi da dieci anni, quelli degli isolanti sono schizzati in alto e, in particolare, quelli poliuretanici sono introvabili. Le imprese della plastica ricevono lettere dai fornitori di granuli che annunciano che “la situazione delle materie è fuori controllo in termini di prezzi e reperibilità” e che per questo sono costretti a rivedere le condizioni commerciali.
C’è una sola via d’uscita: togliere il salvagente delle banche centrali agli hedge funds e alle banche d’affari e separare quest’ultime dalle banche commerciali. Wall Street e la City di Londra faranno una brutta fine, ma l’economia reale si salverà.