Germania e Italia rappresentano insieme quasi la metà della produzione manifatturiera dell’UE (45%) e le due economie sono altamente integrate. I dati relativi al dicembre 2023 in entrambi i Paesi mostrano una traiettoria verso il collasso industriale, dovuto principalmente all’effetto delle sanzioni anti-Russia. Lo scorso anno, la produzione industriale è scesa in media dell’1,5 in Germania e del 2,5% in Italia. È triste constatare che la Russia, che le sanzioni avrebbero dovuto mettere in ginocchio, cresce al ritmo del 3,6% annuo.
Il processo di deindustrializzazione ha spinto Siegfrid Russwurm (foto), capo dell’associazione degli industriali tedeschi BDI, a definire le politiche energetiche del suo governo “assolutamente tossiche” in un’intervista rilasciata al Financial Times il 6 febbraio. Russwurm ha affermato che l’agenda tedesca sul clima è “più dogmatica di qualsiasi altro Paese che io conosca”. La politica climatica radicale del Paese ha messo i produttori tedeschi in una posizione di svantaggio rispetto a quelli di altri Paesi industrializzati. “Nessuno può dire oggi con certezza come sarà il nostro approvvigionamento energetico tra sette anni, e per questo nessuno può dire quanto saranno alti i prezzi dell’energia in Germania”, ha affermato. “Per le aziende che devono prendere decisioni di investimento, questo è assolutamente tossico”
“Le aziende dicono che è sempre più difficile fare una pianificazione a lungo termine”, ha proseguito Russwurm. “Hanno forti dubbi sul fatto di continuare a investire in Germania in queste condizioni. Le condizioni sono migliori altrove. E stanno andando all’estero”.
In effetti, le aziende tedesche stanno espatriando in massa in Polonia a causa degli alti costi energetici. Ironia della sorte: l’approvvigionamento energetico della Polonia si basa per il 70% sul carbone, la fonte fossile demonizzata in Germania. La centrale elettrica di Bełchatów in Polonia è la più grande al mondo alimentata a lignite. Il Paese ha anche un programma di energia nucleare.
L’ultima notizia è che l’azienda Miele, marchio storico degli elettrodomestici, sta trasferendo parte della produzione in Polonia. Ma Miele non è la sola. La multinazionale di componentisticaValeo prevede di cessare la produzione di motori elettrici a Bad Neustadt an der Saale, in Franconia, a metà del 2024. La produzione sarà trasferita in Polonia. Anche l’IFA, leader mondiale di alberi e giunti meccanici, sta valutando la possibilità di trasferire la produzione da Haldensleben alla Polonia. Il produttore di apparecchi acustici Bernafon sta spostando la produzione da Berlino a Stettino. TE Connectivity, che produce tra l’altro connettori per automobili nel distretto di Straubing-Bogen, taglierà 170 posti di lavoro in Germania e costruirà un impianto di produzione in Polonia.
Volkswagen ha annunciato che non costruirà più la Golf con motore a combustione a Wolfsburg, ma in Polonia. Mercedes sta costruendo una fabbrica di furgoni elettrici a Jawor, in Polonia. E Ikea produce la maggior parte dei suoi mobili in legno sulla sponda sud del Baltico.
Secondo i dati dell’Ufficio Federale di Statistica tedesco, la Polonia è ora il Paese fornitore e sede di delocalizzazione più attraente per le aziende europee. Il 23% delle aziende disposte a delocalizzare ha scelto la Polonia, davanti alla Germania (19%) e alla Turchia (12%). Quasi 6.000 filiali tedesche hanno sede in Polonia e impiegano complessivamente circa 430.000 persone. Negli ultimi anni le aziende germaniche hanno investito in Polonia oltre 40 miliardi di dollari.
Spiccano alcuni settori, come l’industria automobilistica. La Polonia è il più grande esportatore di e-bus dell’UE. Ci sono più di 60 siti di produzione di batterie agli ioni di litio. La Polonia è anche il più grande produttore di elettrodomestici dell’UE: marchi come Philips, Sharp, LG Electronics e TCL producono oltre 20 milioni di televisori in Polonia ogni anno.