Da mesi, i principali media occidentali non fanno che parlare delle “oltre centomila truppe” che la Russia ha ammassato al confine con l’Ucraina, pronte a invadere in qualsiasi momento, ma nell’ultima settimana, queste notizie allarmanti sono state vigorosamente smentite dagli stessi leader ucraini, tra cui il Presidente, il ministro della difesa e il ministro degli esteri, come documentiamo qui sotto. Il presidente Zelensky (foto) ha addirittura invitato l’Occidente a smettere di diffondere il panico. La propaganda senza fine sulla guerra imminente ha solo aggravato la già pesante situazione economica ucraina e sta creando una psicosi nella popolazione.
Nel frattempo, la questione cruciale, come il Cremlino ha ripetutamente insistito, sono le garanzie di sicurezza che Mosca esige dalla NATO e da Washington e che sono state presentate a metà dicembre sotto forma di due distinte bozze di trattato. Il 26 gennaio, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha annunciato che entrambe le repliche erano finalmente giunte. Mentre non ne sono stati resi pubblici i contenuti, Lavrov ha detto che queste non hanno purtroppo offerto “alcuna risposta positiva” alle richieste fondamentali del Cremlino, che consistevano in: nessuna ulteriore espansione della NATO a est e nessun dispiegamento di “armi altamente distruttive che potrebbero minacciare il territorio della Federazione Russa”.
Tuttavia, Lavrov ha definito la risposta di Washington “un modello di decenza diplomatica”, a confronto con quella inviata dalla NATO, “così ideologizzata, all’insegna dell’esclusività dell’Alleanza, la sua missione speciale, il suo scopo speciale”. Il capo della diplomazia russa ha detto di sentirsi quasi in imbarazzo per coloro che avevano redatto un tale documento.
È certamente il caso del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg e del governo britannico in particolare, che hanno profferito minacce selvagge ed inviato in Ucraina massicce quantità di attrezzature militari. Questo ha fatto crescere la disunione tra i Paesi membri. Oltre a quanto abbiamo scritto la scorsa settimana sull’opposizione in Francia e Germania, dovremmo menzionare il caso della Spagna: dopo che il primo ministro socialista Sanchez ha annunciato che ulteriori aiuti militari sarebbero stati forniti dalla NATO, il principale partner della coalizione di governo, Podemos, si è dissociato e ha chiesto una mobilitazione contro la guerra. Dalla Croazia, il presidente Milanovic ha annunciato che il suo Paese non sarà coinvolto in alcun modo nella crisi ucraina, né tantomeno invierà truppe, sottolineando la necessità di “raggiungere un accordo che tenga conto degli interessi di sicurezza della Russia”. L’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Bulgaria sono tutte reticenti riguardo la propria partecipazione ad una qualsiasi eventuale azione militare.
A Washington, mentre il Presidente Biden sembra essere favorevole ad una distensione, il Congresso sta preparando quella che viene chiamata “la madre di tutte le sanzioni” contro la Russia (vedi sotto). Ma i guerrafondai e il “complesso militare-finanziario” apparentemente covano l’illusione di poter ancora costringere la Russia – e la Cina – a sottomettersi al loro mondo unipolare, mentre la loro isteria è dovuta all’inevitabile collasso del sistema finanziario transatlantico nel cuore del loro aspirante impero.