Mentre prosegue la pressione della bolla verde iperinflazionistica sui prezzi energetici, il falso alibi dell’inflazione transitoria, propalato dalle banche centrali, perde pezzi. Raphael Bostic, presidente della Federal Reserve di Atlanta (foto), e Larry Summers, ex ministro del Tesoro di Bill Clinton, hanno “cantato”.
Il 12 settembre, Bostic ha dichiarato che bisognerebbe smettere di parlare di inflazione transitoria: “Finora gli indicatori non suggeriscono che le aspettative sull’inflazione a lungo termine siano pericolosamente sganciate”, ha detto in una conferenza online organizzata dal Peterson Institute for International Economics, “ma le pressioni episodiche potrebbero pesare abbastanza a lungo da sganciare le aspettative”.
Tradotto dal banchierese, questo significa che l’inflazione sta sfuggendo al controllo. Di conseguenza, Bostic ha sollecitato una stretta monetaria “a cominciare da una riduzione degli acquisti mensili di titoli, come abbiamo discusso alla riunione del mese scorso”.
Quanto a Summers, parlando ad una videoconferenza dell’Institute of International Finance il 13 ottobre, ha ammonito: “Il rischio che l’inflazione negli Stati Uniti sfugga al controllo è il più alto dall’inizio della mia carriera. In Gran Bretagna ci si è spinti ancora più avanti e penso che il rischio ci sia anche in Europa”. Summers ha inoltre accusato i banchieri centrali di “non preparare gli investitori alle dure misure che si dovranno prendere per ridurre l’inflazione. “Se prese, saranno sconvolgenti e molto dolorose sui mercati finanziari”.
Il dilemma posto da Summers non trova soluzione nell’attuale sistema, come sanno i lettori di questa newsletter. Ogni misura classica di politica monetaria per ridurre l’inflazione, restringendo la base monetaria, provocherebbe il collasso del sistema in una reazione a catena di insolvenze. Il sistema sopravvive grazie alla liquidità fornita, come una droga, dalle banche centrali, specialmente negli ultimi due anni, dopo che la Federal Reserve acquisì il mercato dei pronti-contro-termine (repo) il 17 settembre 2019. I dati rilasciati recentemente dalla Fed e pubblicati da Pam e Russ Martens su Wallstreetonparade mostrano che quell’azione di emergenza fu dettata da “un problema di controparte sui derivati, probabilmente innescato dalla crisi di Deutsche Bank all’epoca”. In altre parole un default su scommesse derivate dall’impatto sistemico.
Deutsche Bank è un’importante controparte delle banche USA nelle scommesse derivate. Dal 17 al 27 settembre 2019, DB ricevette dalla Fed, prima 1,5 miliardi, poi 3 miliardi e infine 9 miliardi di dollari in prestiti repo con scadenza ad un giorno. Tra gli altri grandi beneficiari, troviamo JP Morgan, Goldman Sachs, UBS, BNP Paribas, Nomura, Citigroup, Société Générale, Bank of Nova Scotia e Barclays, che il primo giorno ricevettero prestiti da 2,4 a 7,6 miliardi di dollari.
I dati della Fed riguardano solo il mese di settembre 2019, perché la legge prescrive che trascorrano otto trimestri prima della pubblicazione. Secondo i Martens, al 14 marzo 2020 la Fed aveva pompato cumulativamente (in forma di prestiti da uno a quattordici giorni, rinnovati alla scadenza) oltre 9 mila miliardi di dollari a banche di cui ancora non si conosce il nome, ma tra le quali si trovano molto probabilmente quelle della prima ora.
Accanto a questa liquidità a breve termine, le banche centrali hanno pompato altra liquidità con i programmi di QE, come l’acquisto dei titoli finanziari e linee di credito a tasso zero o negativo. Con il QE, le quattro principali banche centrali (Fed, BCE, Banca del Giappone e Banca d’Inghilterra) hanno gonfiato i propri bilanci fino a 24 mila e cinquecento miliardi di dollari.
Negli ultimi mesi, le banche hanno investito, tramite hedge funds ed altri veicoli finanziari, la liquidità nella speculazione in derivati sulle materie prime, sull’energia, sui noli di trasporto e sulla CO2, col risultato che si è verificata la temuta esondazione: dall’inflazione dei valori finanziari (azioni, obbligazioni, ecc.) all’inflazione all’ingrosso e al consumo. Il tentativo dei miliardari di Davos e della macchina gretina di salvare la bolla con una nuova Bolla Verde ha accelerato la dinamica. Il genio è uscito dalla bottiglia.