In risposta ad una domanda dal pubblico su come paesi come l’Italia possano cooperare e non competere con la Cina, l’ex sottosegretario e architetto del Memorandum d’Intesa Italia-Cina sulla Nuova Via della Seta, Michele Geraci, ha fatto l’esempio dell’Africa.
“In Italia e in Europa ci confrontiamo con la potenziale emigrazione di persone dall’Africa”, ha detto Geraci, che partecipava alla conferenza internazionale dello Schiller Institute il 5-6 settembre. “Stiamo girando attorno al problema senza risolverlo. La radice del problema è offrire all’Africa un modello di sviluppo, forse diverso da quello che c’era precedentemente, diverso dai fallimenti del FMI, e fornire un ambiente socialmente ed economicamente stabile. Occorrono certe capacità e certe abilità e qui è dove Cina e Italia potrebbero benissimo cooperare: settori in cui Cina e l’Italia hanno il know-how di cui ha bisogno l’Africa.
“Penso ad esempio al settore dello sviluppo energetico, all’agricoltura, che va dalla produzione di cibo ai macchinari agricoli, in cui l’Italia è molto forte, alle costruzioni. Cina e Italia hanno grandi imprese che possono cooperare, perché in molti casi l’immagine di questi due paesi può essere complementare; la Cina potrebbe incontrare qualche difficoltà, ma la presenza di un’entità italiana o europea che cooperi con la Cina in Africa potrebbe veramente risolvere alcuni problemi e offrire un secondo livello di garanzie al paese ospite, per dissipare eventuali preoccupazioni”.
In questi settori, “Italia e Cina possono essere partner e non concorrenti. Se non lo facciamo, non abbiamo scelta in Italia e in Europa: il timore non riguarda le migliaia di migranti che arrivano oggi, ma il fatto che, ad esempio, la Nigeria presto avrà 400 milioni di persone. La povertà in Africa è rimasta al 40% e dobbiamo veramente fare qualcosa. Io sto parlando della Cina, ma anche il Giappone è presente in Africa e l’Europa, gli Stati Uniti, noi tutti dobbiamo cooperare per sviluppare quella regione.”
Nel suo intervento, Geraci ha anche fatto appello ai decisori politici e agli esperti di Cina di non ripetere gli errori del 1947, quando il governo degli Stati Uniti non ascoltò il capo della missione in Cina, Barrett, e mancò l’opportunità di una partnership con il nuovo governo. Oggi, similmente, “gli esperti di Cina vengono erroneamente scambiati per gente che fa propaganda filo-cinese. Coloro che raccontano le conquiste della Cina vengono scambiati per la voce del sistema di propaganda cinese e vengono ignorati”. Invece, bisogna ascoltarli, soprattutto quando raccontano i successi della Cina. Questi esperti spiegano che gli embarghi di tecnologia alla Cina si ritorceranno contro gli autori, che sottovalutano la capacità cinese di sviluppare rapidamente quelle stesse tecnologie. “E perciò, quando diciamo che la Cina sta facendo grandi progressi nei semiconduttori, non stiamo semplicemente celebrando la Cina in sé. Stiamo segnalando che certe tattiche potrebbero non funzionare”.