La scorsa settimana, in due diverse occasioni, il governo Conte ha annunciato le linee guida di una politica di crescita e per la protezione del credito. Il 5 luglio, il Sottosegretario al Tesoro (Economia) Massimo Garavaglia ha confermato la preferenza del governo per un regime di separazione bancaria (Glass-Steagall) rispondendo all’interrogazione di un membro della Commissione sulle Finanze della Camera dei Deputati.

Garavaglia ha spiegato che il Governo sta esplorando la possibilità di sospendere la riforma delle banche di credito cooperativo (BCC) varata dal precedente governo, per impedire che, tramite le fusione e concentrazione in holding di grandi dimensioni, esse passino sotto la giurisdizione dell’EU e della BCE, con tutti gli annessi e connessi (a partire dalla speculazione finanziaria e dalla procedura del bail-in).

Garavaglia ha posto questa iniziativa nel quadro di “quanto affermato dal Presidente del Consiglio dei Ministri in sede di replica prima del voto di fiducia alla Camera dei Deputati, circa l’opportunità di distinguere, soprattutto a livello territoriale, fra banche di credito, e banche di investimento e quindi la necessità di definire una chiara differenziazione sul piano della disciplina normativa”.

“Ciò si può conseguire lavorando su una revisione della riforma in atto, soprattutto per recuperare la tradizionale funzione del credito cooperativo nel rispetto del primario obiettivo di supportare in modo adeguato il tessuto produttivo delle piccole e medie imprese sul territorio”.

“Sono in atto, quindi, una riflessione e i necessari approfondimenti tecnici per porre in essere le opportune iniziative al fine di dare attuazione a quanto preannunciato dal Presidente del Consiglio dei Ministri”.
In tema di separazione bancaria vanno segnalate tre disegni di legge già presentati, due alla Camera (FdI e LeU) e uno al Senato (FdI), già assegnati alle rispettive commissioni.

Il 10 luglio il Ministro per gli Affari Europei Paolo Savona (nella foto) ha spiegato bene l’indirizzo di politica economica del governo parlando di fronte alle commissioni riunite competenti. L’Italia perseguirà un aumento della spesa per investimenti, che richiederà uno scostamento almeno temporaneo dalla linea di riduzione del deficit. Savona riferiva sul contenuto della prima riunione del Comitato Interministeriale per gli Affari Europei, la task force che gli conferisce di fatto la leadership dei negoziati con Bruxelles, a dispetto del veto che gli ha impedito di diventare Ministro dell’Economia.

Savona ha criticato le attuali proposte dell’UE che considerano la stabilità “presupposto della crescita del reddito e dell’occupazione e non il risultato di un’azione congiunta su questi due obiettivi. L’orientamento generale è che la crescita vada affidata alle ‘riforme’ da condurre a livello nazionale, in sostanza alla politica dell’offerta, senza venire accompagnate dagli interventi indispensabili sulla domanda aggregata”.

In realtà, per raggiungere la vera stabilità, ha spiegato Savona, “lo strumento suggerito dalla teoria e storicamente affermatosi è quello degli investimenti che, contrariamente alle spese correnti, hanno la caratteristica dell’una tantum e della facile revocabilità di fronte ad accensioni inflazionistiche da domanda”. Questa verità è stata riconosciuta dalla stessa UE nell’Accordo di Lisbona del 2000 e persino nel cosiddetto Piano Juncker per le infrastrutture.

Il programma della coalizione M5S-Lega contiene voci di spesa consistenti, ha ammesso Savona, ma il governo “non mostra fretta di procedere dal lato della spesa corrente prima che gli investimenti manifestino gli effetti attesi. Il problema non è quindi se attuare o meno le promesse, ma quali siano i modi – e tra questi, i tempi – in cui verranno attuati.

“È pur vero che, al di là di un effetto positivo d’annuncio, una spesa per investimenti manifesta in pieno i suoi effetti sul PIL entro un lasso di tempo, riflettendosi in un maggiore deficit di bilancio pubblico. Molto dipende dalla dimensione del moltiplicatore nei settori in cui si vogliono indirizzare gli investimenti per rimuovere le strozzature allo sviluppo”.

Savona ha anche proposto che, per difendere il valore del debito sovrano dagli inevitabili assalti speculativi, la BCE diventi a tutti gli effetti prestatore di ultima istanza. Rispondendo alle domande dei parlamentari, ha poi auspicato che l’Italia sia pronta ad affrontare un “Cigno nero” nel caso qualcuno nell’UE decida di disfare l’Euro.

Quest’ultima dichiarazione è stata rilanciata dai media fuori contesto, provocando le solite tensioni sui mercati.