“La crescita economica in Africa non si ottiene con un divieto generale dei combustibili fossili”, è il titolo di un articolo su The Hill del 4 marzo, firmato dall’ex ministro dei Lavori Pubblici della Liberia Gyude Moore, attualmente membro anziano del Center for Global Development di Washington, e da Vijaya Ramachandran, direttore energia e sviluppo al Breakthrough Institute della California (foto).
I due autori prendono spunto da una dichiarazione di John Kerry, inviato speciale di Biden per il clima, il quale ha affermato che la nuova amministrazione vuole “sviluppare un piano per la finanza climatica negli UA e un piano per porre fine al finanziamento internazionale con denaro pubblico dei progetti a combustibile fossile”. Questo potrebbe essere valido, se “ben ragionato, per sostenere una transizione verso un futuro di energia pulita e abbondante per tutti”, commentano gli autori, ma potrebbe anche diventare “un divieto su tutti i progetti di petrolio e gas che soffochi la crescita e renda le popolazioni povere dell’Africa ancora più vulnerabili all’impatto dei cambiamenti climatici”.
La priorità dell’Africa è produrre più cibo. Con compostaggio e riciclaggio non si va lontano. Gli agricoltori hanno bisogno di fertilizzanti sintetici per aumentare le rese e il gas naturale è la fonte di energia più efficiente per produrli. In Africa c’è bisogno di un accesso all’acqua molto migliore e gli sforzi per usare sistemi irrigui alimentati da impianti fotovoltaici di piccole dimensioni (…) non riusciranno mai a soddisfare il fabbisogno di un intero continente. Ci deve essere un mix che comprenda progetti idrici su vasta scala e ad intensità energetica, alimentati da combustibili fossili, così come avviene nei Paesi ricchi”.
Gli autori concludono che “un divieto generale al finanziamento dei combustibili fossili nei Paesi poveri non solo ostacolerà la crescita economica, ma farà anche ben poco per combattere i cambiamenti climatici e renderà questi Paesi meno resistenti ad essi.”