Rispondendo al coro dei mass media americani che chiedono “vendetta” e alla dichiarazione dell’amministrazione Bush di essere “in guerra”, personalità politiche europee hanno invitato a non trarre conclusioni affrettate, prima di disporre dei risultati attendibili dalle indagini sugli avvenimenti dell’11 settembre.

Giulio Andreotti ha detto in un’intervista al Corriere della Sera del 13 settembre di non poter accettare l’idea che Osama Bin Laden sia l’autore di quei misfatti “Sapevo che tutti, proprio tutti, l’avevano aiutato ai tempi in cui combatteva l’invasione russa in Afghanistan,” ha detto l’ex Presidente del Consiglio, “ma pensavo che negli ultimi anni fosse diventato una specie di capro espiatorio, che lo tirassero in mezzo quando non si sapeva bene a chi dare la colpa. Invece, ha certamente alle spalle un grande potere economico e finanziario, aveva anche uffici a Londra, fino a poco tempo fa. Il problema, adesso, è capire se davvero Bin Laden sta combattendo una Crociata solitaria”. Per questo, sostiene Andreotti, ci vorrà del tempo prima di poter puntare il dito soltanto su di lui… Il rischio è che sulla base di una presunzione si inneschino reazioni a catena e non si colpiscano i veri obiettivi. “Piuttosto” – riflette il senatore a vita – “mi chiedo chi abbia aiutato i terroristi negli Stati Uniti. Devono aver avuto un supporto notevole, in loco. Questa è gente che ha pilotato un aereo, che ha calcolato i tempi per arrivare dritta dritta in tv, non sono turisti improvvisati. Il terrorismo non cresce solo al di qua dell’Oceano, gli americani hanno già avuto Oklahoma City, non dimentichiamolo”.

L’ex ministro degli Esteri Klaus Kinkel ha dato interviste alla radio ed alla stampa il 13 settembre in cui fa presente che una cosa è la solidarietà fondamentale con gli USA, espressa invocando l’articolo 5 del Trattato della NATO, e una cosa ben diversa è giungere a delle conclusioni affrettate sui responsabili delle azioni terroristiche. Dev’essere pienamente dimostrato, ha detto Kinkel, che si tratta di un attacco diretto dall’estero contro gli USA, e non si può trascurare il fatto che negli Stati Uniti sia esistita un’infrastruttura terroristica, dove frange della “milizia” mantengono collegamenti con ufficiali in servizio. Occorre essere molto cauti nell’impiegare il termine “guerra”, ha detto Kinkel, perché è necessario evitare uno “scontro delle civiltà”.

L’ex cancelliere Helmut Schmidt ha firmato un editoriale per il settimanale Die Zeit in cui afferma: “È urgente che i governi, quello americano e anche quelli europei, non cadano nella trappola delle voci finendo per prendersela con falsi colpevoli”. Dichiarazioni simili sono state fatte dai ministri degli Esteri e della Difesa di Francia e Germania, Italia, Austria, Belgio e Danimarca.

Nell’intervista che ha dato a Il Nuovo il 14 settembre, Andreotti ha criticato il ricorso all’articolo 5 del Trattato della NATO perché si rischia di legittimizzare il terrorismo, chiedendosi: “Siamo sicuri che i terroristi non aspettino proprio questo?” Dopo un invito a non perdere la testa, anche in una situazione così difficile, Andreotti ha proposto “una maggiore cooperazione internazionale ai vertici della polizia, piuttosto che una risposta militare. Sono iniziative che possono essere discusse alla prossima Assemblea Generale dell’ONU”.

Per quanto riguarda le “chiare prove” delle responsabilità di Osama Bin Laden negli attentati, esperti del settore in Europa si sono detti chiaramente non convinti. Juergen Storbeck, direttore di Europol, ha detto al Daily Telegraph del 15 settembre che “Bin Laden non è automaticamente il leader di ogni azione terroristica condotta in nome dell’Islam. Forse ha avuto una sua influenza, ma forse non è colui che decide ogni azione e controlla ogni piano in dettaglio. Per quanto riguarda l’idea che dall’Afghanistan abbia potuto controllare l’ultima fase dell’operazione è qualcosa che non si può ammettere senza sollevare tante riserve”.

Anche il procuratore capo federale Kay Nehm, che ha diretto le indagini sulle reti arabe clandestine in Germania, ha detto chiaramente che non ci sono “prove concrete a carico di Bin Laden”. Alcuni quotidiani tedeschi e svizzeri hanno riferito indiscrezioni dei servizi tedeschi per i quali quello di Bin Laden è solo uno dei gruppi islamici sospettati e che è necessario approfondire le indagini sui collegamenti che passano per Baku, in Azerbaigian, dove convergono formazioni dell’Asia Centrale, del Caucaso e del Medio Oriente.