Nella settimana trascorsa dalla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco (MSC) alla riunione Ecofin dei ministri delle Finanze dell’UE, una vera e propria strategia di riarmo ha iniziato a prendere forma in Europa. Ha iniziato il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius (foto), che ha annunciato a Monaco un obiettivo del 3,5% del PIL per il bilancio della difesa tedesco, da raggiungere nei prossimi anni, ben oltre l’obiettivo del 2% richiesto dalla NATO. Il suo collega Christian Lindner, ministro delle Finanze, ha auspicato una deregolamentazione finanziaria per rendere gli investimenti nel riarmo più attraenti per gli affaristi.
E, il 17 febbraio, il premier estone Kaja Kallas, che qualcuno a Bruxelles vorrebbe diventasse il futuro commissario europeo alla Difesa, ha sfruttato il clamore intorno al caso Navalny per proporre un Eurobond da 100 miliardi per finanziare il riarmo contro la Russia, sul modello del cosiddetto Recovery Fund lanciato dopo la pandemia di covid19.
La proposta della Kallas è stata ripresa il 23 febbraio dal ministro delle Finanze francese Bruno le Maire all’inizio della riunione Ecofin a Gand. Le Maire ha proposto di “mobilitare tutti i risparmi degli europei – 35.000 miliardi di euro – per finanziare la transizione climatica, finanziare i nostri sforzi di difesa e investire nell’intelligenza artificiale. Poiché le cose non stanno andando avanti con tutti i 27 membri, ho proposto di procedere su base volontaria con un piccolo numero di Stati membri per proporre un prodotto di risparmio europeo nei prossimi mesi, proporre una supervisione europea dei mercati dei capitali per garantire che la regolamentazione funzioni bene, e quindi raccogliere diverse decine di miliardi di euro per finanziare la nostra crescita e prosperità” (https://twitter.com/BrunoLeMaire/status/1760994437465887154).
Per ultimo, Mario Draghi è intervenuto all’Ecofin e ha sfruttato la sua immeritata aura di competenza per dare una lezione ai ministri riuniti sulla necessità di massicci investimenti nel riarmo e nella transizione climatica. “Negli ultimi anni si sono verificati molti cambiamenti profondi nell’ordine economico globale e questi cambiamenti hanno avuto una serie di conseguenze, una delle quali è chiara: in Europa si dovrà investire una quantità enorme di denaro in un tempo relativamente breve “, ha detto Draghi ai giornalisti.
“Non intendo solo il denaro pubblico, ma anche i risparmi privati: come si potrebbero mobilitare le risorse private in misura molto più elevata rispetto al passato”, ha sottolineato Draghi, aggiungendo di essere “impaziente” di discutere i modi e i mezzi per farlo. Di fronte al consiglio Ecofin ha precisato l’entità delle somme da investire: “I bisogni delle transizioni verde e digitale sono stimati in almeno 500 miliardi di euro l’anno, a cui vanno aggiunti la difesa, gli investimenti produttivi” (https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2024/02/24/draghi-profondi-cambiamenti-richiedono-enormi-investimenti_25c79723-48df-4412-8e5a-cb4ef85bf8bd.html).
Deve essere chiaro che cosa significherebbe per l’economia europea questa politica, se attuata. La cosiddetta transizione climatica è una perdita netta di produttività, tanto che nessun privato è disposto a investirvi senza enormi incentivi governativi; gli investimenti nella difesa non sono mai stati produttivi e generano solo i cosiddetti “boom del riarmo” di breve durata. Entrambi sono tendenzialmente inflazionistici. Considerate che cosa significherebbe in un momento in cui tutte le economie europee sono in contrazione e sovraindebitate: le scarse risorse, invece di essere utilizzate per creare occupazione produttiva, verrebbero dirottate verso attività non produttive e nuove bolle finanziarie.
Per la Germania, l’obiettivo del 3,5% del PIL, come ha promesso Scholz, significa passare da 65,3 a 142,8 miliardi di dollari. Attualmente, la cifra aggregata di tutti i bilanci nazionali per la difesa nell’UE è inferiore a 300 miliardi di dollari. I burattini dell’UE fantasticano di raggiungere il livello degli Stati Uniti, pari a 877 miliardi di dollari. Tuttavia, ciò implica uno sforzo insostenibile per la maggior parte dei bilanci nazionali. Per Draghi, Le Maire, Kallas e i loro simili, il debito eccessivo dei governi rappresenta effettivamente un problema.
Ecco perché vogliono lanciare qualcosa di simile a quello che Hjalmar Schacht, banchiere centrale e ministro delle Finanze di Hitler, fece per finanziare lo sforzo bellico nazista. Schacht utilizzò una piccola società, la Metall Forschungsgesellschaft (Mefo), per emettere un’enorme quantità di titoli di debito, che alla fine erano scontati dalla banca centrale, per finanziare il riarmo fuori dal bilancio dello stato. Lo schema degli Eurobond è simile: il ruolo della Mefo è svolto dall’UE, un’entità non statale, ma in ultima analisi il debito emesso dall’UE è garantito dagli Stati membri.
Al momento, l’idea del prestito di guerra dell’UE è osteggiata dalla Germania e da altri Paesi membri dell’UE “fiscalmente virtuosi”. C’è una certa resistenza a permettere all’UE di emettere più debito, acquisendo così più potere nei confronti dei governi nazionali. Il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner vuole che lo sforzo di riarmo sia finanziato attraverso la Banca Europea per gli Investimenti, il cui capitale dovrebbe essere adeguatamente aumentato a questo scopo.