A meno di due mesi dai congressini (caucus) dell’Iowa, che segnano l’inizio ufficiale della campagna presidenziale del 2024, le notizie per i Democratici non sono buone. Sondaggio dopo sondaggio, Biden è in svantaggio su Trump, probabile candidato repubblicano anche se deve affrontare 91 capi d’accusa in quattro prossimi processi penali. Sebbene lo svantaggio sia di misura, il problema che i Democratici si trovano ad affrontare è che la maggioranza degli intervistati disapprova il lavoro che Biden sta svolgendo e la maggioranza dei Democratici vorrebbe che si facesse da parte.
Guardiamo ad alcuni sondaggi. L’indice di gradimento di Biden è sceso al 40%, contro il 57% di disapprovazione; un sondaggio del Wall Street Journal mostra che due terzi dei democratici affermano che Biden è “troppo vecchio”; un nuovo sondaggio della NBC ha rilevato che Biden è in svantaggio su Trump del 4% tra gli elettori di età compresa tra i 18 e i 34 anni – nel 2020, Biden ha conquistato questo gruppo col 20% di vantaggio; infine un sondaggio del New York Times/Siena College ha rilevato che Trump è in vantaggio tra il 4 e l’11% in cinque dei sei stati contesi che Biden ha conquistato nel 2020. E mentre il sostegno di Biden tra alcuni elettori sta crollando – ad esempio tra gli arabo-americani, che gli hanno dato il 59% dei loro voti nel 2020, ma che ora lo sostengono solo al 17% – Trump sta guadagnando tra i tradizionali elettori democratici, come gli ispanici e gli afroamericani.
Gli attivisti democratici sostengono che è troppo presto per farsi prendere dal panico e c’è tempo per recuperare. Dicono di avere due vantaggi principali: l’economia è forte e Biden è visto come una “mano ferma” in politica estera, soprattutto rispetto a Trump, ma non tengono conto di due cose: in primo luogo, la maggior parte degli americani, colpiti duramente dall’inflazione e dagli alti tassi d’interesse, disapprova la politica economica di Biden e, secondo alcuni sondaggi, oltre i due terzi sono convinti che l’economia stia andando nella direzione sbagliata.
In secondo luogo, per quanto la narrazione mediatica su Trump lo definisca pericoloso, la politica estera di Biden, caratterizzata dal sostegno alla guerra per procura della NATO contro la Russia in Ucraina, dal sostegno all’attacco spietato di Netanyahu contro i civili palestinesi a Gaza e dalle minacce contro l’Iran e la Cina, è sempre più considerata un disastro, al limite del pericoloso. Dopo il fallimento della controffensiva e le accuse di corruzione del regime di Zelensky, il sostegno popolare alla guerra in Ucraina è diminuito. La gente si chiede: “113 miliardi di dollari per cosa? Ora volete altri 60 miliardi di dollari?”. Persino i guerrafondai che dominano il Congresso sono restii ad autorizzare nuovi fondi.
Biden ha tentato di collegare il prossimo pacchetto di aiuti all’Ucraina ai soldi “per la difesa di Israele”, ma su questa strada arranca. I sondaggi mostrano che il 62% disapprova la politica estera di Biden e il 56% si oppone al “pieno sostegno” di Netanyahu. Ancora più disastroso per i neocon che controllano la politica estera di Biden e di entrambi i partiti al Congresso è che le notizie dal fronte di guerra peggioreranno di pari passo alla perdita di credibilità presso la maggioranza delle nazioni e che, al momento, gli USA non hanno una strategia di uscita. Con le manifestazioni contro le guerre che si moltiplicano ogni settimana a livello internazionale, potrebbe diventare impossibile salvare la campagna per la rielezione di Biden.