Si aprono minacciose crepe nel sistema finanziario e le mosse disperate delle banche centrali non riusciranno a fermarle. La recessione causata dalle misure di lockdown ha accelerato il collasso del sistema, che però era già iniziato nel settembre 2019, con la paralisi del mercato interbancario. In una situazione in cui l’industria e in particolare il settore alberghiero, della ristorazione e della grande distribuzione sono colpiti dalle conseguenze della pandemia e solo temporaneamente sostenuti dagli aiuti statali, il debito cartolarizzato di questi settori passa inesorabilmente dall’investment grade all’insolvenza. Il segmento più rigido di questo mercato è quello dei CMBS, cioè i titoli il cui collaterale è rappresentato da ipoteche commerciali (Commercial Mortgage Based Securities), che sta per implodere.
I CMBS sono particolarmente vulnerabili perché le banche non possono semplicemente togliere dal paniere collaterale le sofferenze e sostituirle con titoli “buoni”. L’analista John Dizard, sul Financial Times del 29 settembre, ha rilevato come nelle prime settimane di settembre c’è stato un rapido aumento di CMBS finiti in “special servicing”, cioè in una sorta di insolvenza formale. Questo processo sta accelerando rapidamente e potrebbe esplodere in modo simile a quello dei subprime nel 2008, innescando una reazione a catena.
Mentre accadeva questo, la famosa “resilienza” delle banche, tanto decantata da Francoforte e New York, è andata a farsi friggere. Alla fine di settembre il capitale azionario delle quattro maggiori banche americane, JPMorgan Chase, Bank of America, Wells Fargo e Citigroup, aveva perso dal 32 al 56% del valore rispetto ad un anno fa. Bank of America ha perso il 33% ed è tornata ai livelli del dicembre 1996. Citigroup ha perso il 46% ed è tornata ai livelli del 1993. Assieme, la capitalizzazione di mercato delle quattro banche è di 685 miliardi di dollari, del 48% inferiore al picco del gennaio 2018,
Le autorità monetarie conoscono bene lo stato comatoso del sistema e cercano di rianimarlo con dosi sempre più massicce di QE e tassi negativi. Come abbiamo spesso ripetuto, questa politica offre al sistema, minacciato da un crac generale, l’alternativa di finire in un incendio iperinflazionistico.
Nelle quattro settimane dal 28 agosto al 25 settembre, la BCE ha aumentato il bilancio di quasi 100 miliardi di euro (precisamente 94,578 miliardi, da 6440 a 6534 miliardi) con acquisti di titoli e rifinanziamenti alle banche. La presidente della BCE Christine Lagarde, parlando di fronte a una commissione del Parlamento Europeo il 29 settembre, ha assicurato che “un ampio stimolo monetario rimane necessario per sostenere la ripresa e per garantire la stabilità dei prezzi a medio termine”. Alcuni giorni dopo, ha annunciato che la BCE sta considerando di alzare il target di inflazione, che da sempre è fissato a “sotto ma vicino al 2%”.

L’unica alternativa ad un nuovo crac finanziario è la separazione bancaria, con la legge Glass-Steagall, e le 4 leggi di LaRouche.