La leader dei Verdi tedeschi, Annalena Baerbock, che anela a diventare ministro degli Esteri in una probabile coalizione tripartita a Berlino, ha accusato la Russia di aver causato l’aumento dei prezzi dell’energia tagliando le forniture del gas all’Europa. Non solo la Baerbock è diversamente coerente (si è opposta al gasdotto Nord Stream 2 che aumenterà il flusso del gas russo all’Europa), ma l’aumento dei prezzi dell’energia è dovuto esattamente alle politiche green promosse dalla Baerbock e dall’UE.
Il raddoppio del prezzo delle emissioni di CO2 e l’effetto della dipendenza dalle inaffidabili “rinnovabili” hanno creato una scarsità artificiale di gas, amplificata dal mercato tramite il meccanismo degli acquisti a termine da parte degli speculatori sulle borse di Amsterdam (gas) e Lipsia (elettricità), che ha fatto salire i prezzi alle stelle facendo fallire i fornitori e chiudere aziende industriali. Specialmente colpite sono Gran Bretagna e Germania, due nazioni eolico-dipendenti, che hanno ricominciato a bruciare carbone in grande stile dopo che Eolo ha soffiato poco quest’anno.
Ciò che si è messo in moto non è dissimile a ciò che accadde con lo choc petrolifero del 1973, che riorganizzò permanentemente l’economia mondiale sotto la dittatura finanziaria della City di Londra e dell’eurodollaro.
Dal primo agosto, sono falliti sette fornitori in Gren Bretagna e si prevede che su 55 imprese ne sopravviveranno una decina. Avro Energy e Green Supplier Limited sono gli ultimi in ordine di tempo ad aver annunciato di uscire dal trading. Insieme, i due possiedono il 2,9% del mercato interno. Zero Hedge ha scritto che una startup, Bulb Energy, “è sull’orlo del caos finanziario perché non riesce a gestire i prezzi record all’ingrosso. Bulb ha 1,7 milioni di clienti.
(https://www.zerohedge.com/commodities/uk-energy-suppliers-request-emergency-support-government-weather-energy-crisis)
Lo stesso accade nell’industria collegata al settore energetico in tutta Europa. CF Industries, che produce fertilizzanti, ha sospeso la produzione in due impianti britannici. Yara International, un’impresa chimica norvegese che, assieme a Cargill, controlla praticamente tutti i fertilizzanti azotati del mondo (che si producono dal gas), ha annunciato tagli del 40% alla produzione di ammoniaca. Anche la più grande impresa chimica tedesca, la BASF, e il produttore di alluminio Aurubis stanno considerando tagli alla produzione.
Il 40% del mix energetico britannico è costituito dal gas che, dopo il graduale spiazzamento di quello estratto nel Mare del Nord a causa della perdita di redditività, viene principalmente importato dall’estero. Secondo l’Economist, la dipendenza dal gas in Gran Bretagna è il doppio della media europea. Ventidue milioni di famiglie usano il gas per cucinare e per riscaldarsi e si teme che, a causa della Brexit, Londra finirà in fondo alla lista dei paesi in cui l’Europa esporterà gas quando si determinasse la temuta scarsità di forniture in inverno. https://www.bloomberg.com/news/articles/2021-09-21/u-k-has-deal-to-reopen-fertilizer-output-easing-co2-crunch
Anche l’Italia è fortemente dipendente dal gas (il 45% del mix energetico). Di fronte ad un temuto aumento del 40% delle bollette, il governo ha stanziato dei fondi per le famiglie e le piccole imprese che però copriranno solo la metà degli aumenti.