L’estremista libertario Javier Milei ha ottenuto una grande vittoria nel ballottaggio delle elezioni presidenziali argentine del 19 novembre, sconfiggendo Sergio Massa della coalizione di governo Unione per la Patria (UxP) per 56% a 44%. Si è trattato di una clamorosa condanna del governo di Alberto Fernandez, di cui Massa è ministro dell’Economia, che non è riuscito a mantenere le promesse per ricostruire l’economia fatte nel 2019, dopo aver sconfitto il presidente liberista Mauricio Macri.
Al contrario, il governo Fernandez ha costantemente fatto concessioni disastrose al FMI. Per vincere, Massa avrebbe dovuto invertire bruscamente la rotta e lanciare un programma di ripresa, in collaborazione con la Cina e i BRICS, come proposto dallo Schiller Institute.
Né Massa, né Fernández hanno seguito questo consiglio e il Paese è piombato in una crisi finanziaria sempre più profonda, alla quale non è stato possibile porre rimedio con alcuno stratagemma. Massa ha dovuto affrontare una costante guerra finanziaria da parte dei banchieri di Londra e Wall Street e del FMI, una grave carenza di riserve estere, un’inflazione incontrollata e tassi di interesse in aumento ed è stato costretto a svalutare il peso ripetutamente. La Cina è intervenuta in soccorso con uno swap di 20 miliardi di yuan da parte della People’s Bank of China per fornire le riserve urgentemente necessarie, ma questo non ha potuto risolvere i problemi più profondi dell’economia.
La profonda rabbia e frustrazione del popolo argentino, vittima di questo disastro economico, si riflette nel fatto che Milei ha vinto in quasi tutte le province interne del paese e ha perso per un solo punto percentuale nell’importantissima provincia di Buenos Aires, che ospita il 37% dell’elettorato nazionale e che normalmente è una roccaforte peronista. Purtroppo, la vittoria di Milei sembra essere una rivincita di Macri, che ha preso in mano la campagna del libertario dopo la propria scarsa performance al primo turno delle elezioni di quattro settimane fa. Macri spera di insediare la sua squadra nel gabinetto di Milei, anche se dopo questa grande vittoria Milei ci sta pensando due volte a prendere ordini da lui.
Molti hanno votato per Milei perché volevano un “cambiamento” e perché era un “outsider”, ma la sua massiccia vittoria non ha dissipato l’incertezza che dilaga nella popolazione. Nelle prime dichiarazioni dopo il voto, Milei ha esposto un programma economico reazionario, preso direttamente dalla scuola austriaca di economia. Ha promesso di imporre tagli drastici al fine di ridurre quello che ha definito lo “Stato onnipresente”; i sussidi per i servizi pubblici saranno eliminati; i prezzi saranno determinati dal “mercato” e “tutto ciò che può essere nelle mani del settore privato lo sarà”. Non c’è “tempo per il gradualismo, non c’è tempo per la debolezza”, ha detto ai seguaci il 19 novembre.
Il futuro ministro degli Esteri di Milei, l’economista neoliberista Diana Mondino, ha dichiarato a Sputnik-Brasile il 19 novembre che non vede alcuna ragione per cui l’Argentina debba aderire ai BRICS a partire dal 1° gennaio, come al momento previsto, dal momento che l’adesione non offrirebbe particolari vantaggi al paese. Nel frattempo, Milei ha in programma il primo viaggio all’estero, che lo porterà negli Stati Uniti e poi in Israele.