Il progetto Transaqua acquistò nuovo slancio nel 2018, quando fu approvato da tutti i paesi membri del Comitato del Bacino del Lago Ciad, in occasione di una conferenza internazionale nella capitale nigeriana, organizzata dal governo Buhari. In quell’occasione, il governo italiano si era impegnato a cofinanziare lo studio di fattibilità, ma il processo si è arenato a causa di cambiamenti politici ed interferenze straniere.
Più di recente, il governo italiano è stato nuovamente messo sotto pressione, dopo che Giorgia Meloni ha annunciato di lavorare a un “Piano Mattei” volto a contrastare l’immigrazione clandestina con iniziative di sviluppo in Africa. Un importante articolo che promuove Transaqua come “il vero piano Mattei” è stato pubblicato lo scorso 30 agosto sulla prestigiosa rivista militare Analisi Difesa e il 24 ottobre Ercole Incalza, uno dei padri dell’alta velocità italiana, ha denunciato sul suo blog “un inconcepibile paradosso: parliamo di dare vita a un Piano Mattei e dimentichiamo di avere un progetto pronto, ma che non conosciamo o non vogliamo conoscere”. Incalza suggerisce al governo di prendere “visione di una simile proposta perché forse potrebbe finalmente fare riferimento, non ad una ipotesi, ma ad una realtà congeniale con ciò che chiamiamo ‘Piano Mattei’.”
Un aspetto importante degli accordi del 2018 fu quello della collaborazione triangolare LCBC-Italia-Cina. Una delle più grandi aziende cinesi, PowerChina, si è unita all’impresa, firmando un MoU con Bonifica Spa, l’azienda italiana proprietaria del progetto Transaqua. Questa cooperazione triangolare ha anticipato lo spirito con cui l’anno successivo l’allora premier italiano Giuseppe Conte e il presidente cinese Xi Jinping hanno firmato un protocollo d’intesa, con il quale l’Italia ha aderito alla Belt and Road Initiative.
Come ha spiegato l’architetto di quel protocollo d’intesa, l’ex sottosegretario di Stato Michele Geraci, in un’intervista rilasciata al Global Times il 19 ottobre, egli desiderava “cooperare con la Cina per lo sviluppo dell’Africa, con infrastrutture e progetti comuni che avrebbero aiutato l’Africa a svilupparsi. In primo luogo, abbiamo dei ricavi e apriamo nuovi mercati per l’export (…) il motivo [che spinse l’Italia a firmare] era quella di far partecipare l’Italia al più grande progetto di sviluppo infrastrutturale del mondo. E credo che lo sviluppo dei trasporti, delle infrastrutture, dell’energia e dei porti sia la chiave dello sviluppo economico. Sapevamo che c’erano molti altri paesi che partecipavano alla BRI e sapevamo che l’Asia e l’Africa, che hanno una partecipazione più ampia alla BRI, sono i due continenti che cresceranno di più dal punto di vista economico. E quindi, personalmente, ho voluto che l’Italia facesse parte di questo grande progetto, perché avrebbe portato benefici economici e sociali al nostro paese. È una grande opportunità e noi vogliamo farne parte” (https://www.globaltimes.cn/page/202310/1300188.shtml).