La lunga conversazione telefonica tra Trump e Putin il 16 ottobre, a cui hanno fatto seguito l’annuncio del prossimo incontro tra i ministri degli esteri di USA e Russia e quello degli stessi due Presidenti a Budapest, la visita di Zelenski a Washington e la contestuale doccia fredda (niente Tomahawk) con le indiscrezioni dell’ultimatum di Trump (concedere il Donbass alla Russia) hanno spiazzato solo gli smarriti o gli eurocrati.
Un vertice Trump-Putin, dopo quello tenutosi a metà agosto in Alaska, comporterebbe molto più della fine della guerra, poiché è in discussione lo sviluppo economico congiunto. Poco prima della conversazione telefonica, la discussione sulla costruzione di un tunnel sotto lo stretto di Bering, e quindi sulla creazione di un ponte terrestre tra l’Estremo Oriente russo e l’Alaska, ha fatto notizia a livello internazionale.
Questa non è l’unica svolta diplomatica in attesa di essere realizzata. Il 29-30 ottobre Donald Trump effettuerà una visita di Stato in Corea del Sud, e sono in corso discussioni su un possibile incontro con il presidente cinese Xi Jinping, che sarà lì per la riunione annuale dell’APEC. Sullo sfondo dell’assurda escalation della “guerra dei dazi” contro la Cina, che Washington non ha alcuna possibilità di vincere, un incontro personale tra i due leader potrebbe essere risolutivo.
In questo contesto, notiamo che il presidente sudcoreano Lee Jae-myung, insediatosi a giugno, sta cercando di migliorare le relazioni sia con la Cina che con la Corea del Nord e, ad ulteriore conferma della nuova dinamica che sta investendo il mondo, il partito Kuomintang di Taiwan ha appena eletto come presidente Cheng Li-wun, impegnata a risolvere le crescenti tensioni con Pechino. “Taiwan non deve essere un agnello sacrificale sull’altare della geopolitica”, ha recentemente affermato.
Per quanto riguarda l’Asia sud-occidentale, storico “teatro di guerra” dell’Impero britannico, il percorso verso la pace sarà lungo e difficile, ma la maggior parte degli attori regionali sembra impegnata a realizzarlo. La chiave ora è garantire uno sviluppo economico sovrano.
Per quanto si possa obiettare su alcune politiche di Trump, sia a livello internazionale (guerre commerciali, ostilità nei confronti dei BRICS, attacchi al Sud America) che a livello interno (immigrazione, pugno di ferro sui media), bisogna riconoscere che egli ha seriamente ostacolato l’ordine mondiale unipolare occidentale e rafforzato, anche se involontariamente, l’emergere di un nuovo paradigma a livello mondiale.
In mezzo a questi sviluppi, il grande interrogativo rimane: dov’è l’Europa? Il riarmo e i preparativi di guerra dominano la discussione a Bruxelles e nelle principali capitali. Eppure, date le loro competenze nella scienza, nelle infrastrutture, nell’edilizia, nell’agricoltura, ci sono molte opportunità per le nazioni europee di collaborare con la Maggioranza Globale, se lo desiderano. Una di queste opportunità da cogliere è lo sviluppo dell’Africa, che l’Europa potrebbe realizzare in collaborazione con la Cina. La questione sarà affrontata alla conferenza dello Schiller Institute che si terrà a Parigi l’8 e il 9 novembre.
RICORDA: Partecipa alla conferenza internazionale dello Schiller Institute e di Solidarité et Progrès l’8 e il 9 novembre a Parigi, di persona o tramite Zoom. Si prega di registrarsi all’indirizzo: https://solidariteetprogres.fr/spip.php?article16972.