Il 18 giugno, la Banca Centrale Europea ha eseguito la più grande iniezione di liquidità della (sua) storia, elargendo milletrecento miliardi di euro in prestiti a tre anni, a tassi del -0,50% e del -1% alle banche, nell’ambito del programma TLTRO (Targeted Long Term Refinancing Operation). Il giorno dopo, il Consiglio dell’UE, chiamato a decidere sugli attesi fondi per il settore produttivo, ha fatto chiaramente capire che prima del 2021 nulla arriverà.
Queste due azioni mostrano che l’UE, come direbbe Lyndon LaRouche, è “moralmente inadatta a sopravvivere”. Le banche coinvolte nella speculazione fino al collo, tecnicamente in bancarotta, ricevono miliardi a palate per rifinanziare titoli senza valore e vengono per questo premiate – come spiega la Reuters, “il tasso d’interesse negativo significa che le banche che hanno partecipato all’asta guadagneranno lo 0,50% all’anno senza condizioni e l’1% se semplicemente evitano di ridurre il portafoglio dei prestiti” – mentre nulla si fa per impedire la chiusura di gran parte del settore produttivo e la perdita di milioni di posti di lavoro nei Paesi membri. Il vertice dell’UE, come era stato ampiamente previsto, non ha trovato un accordo sul vagheggiato “Recovery Instrument” e il Cancelliere Merkel ha detto chiaramente in conferenza stampa che nel migliore dei casi i fondi non arriveranno prima del 2021. Sembra che qualcuno desideri un’esplosione sociale in Europa.
A questo punto v’è da sperare che la banca centrale tedesca, la Bundesbank, obbedisca alla sentenza costituzionale ed esca dal programma di acquisti titoli della BCE, facendo crollare l’Eurosistema. Prima di concludere che stiamo auspicando il caos finanziario e istituzionale, il lettore ci segua fino in fondo.
La possibilità che la Bundesbank si muova in quella direzione allo scadere dell’ultimatum emesso dalla Corte Costituzionale è concreta. Alla fine di maggio, il servizio scientifico del parlamento tedesco (Bundestag) ha pubblicato un rapporto richiesto dal deputato liberale Gerald Ullrich, nel quale si afferma che la responsabilità di agire sulla sentenza del 5 maggio spetta alla Bundesbank (vedi https://www.bundestag.de/resource/blob/700810/ffefd7772eeaceb00b07f7a57416dd0b /WD-3-121-20-pdf-data.pdf). Contestualmente, il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha dichiarato che in caso di dubbio, il suo istituto obbedirà alla Consulta tedesca.
L’opinione scientifica del Bundestag parte dalla constatazione che “l’UE non è uno Stato dal punto di vista del diritto internazionale. Per esserlo, sono necessari un territorio statale, come pure un popolo nazionale e un’autorità statale”.
Questo significa che l’autorità finale riposa sugli organi legislativo, esecutivo e giudiziario nazionali. Nel caso della Corte Costituzionale, il suo dovere è quello di controllare se l’esecutivo e il legislativo compiano il proprio. La Corte Costituzionale tedesca (CCT) si è mossa dunque per correggere ciò che ha visto come una mancanza dei criteri di proporzionalità nei programmi di acquisto dei titoli da parte della BCE. Questa mancanza deve essere controllata dalla Bundesbank, l’istituzione che sola può farlo senza interferire nell’indipendenza della BCE, di cui è membro.
Il rapporto conclude che “se il governo tedesco e il Bundestag non adempiono agli obblighi derivanti dalla decisione della CCT, allora (a meno che la BCE non rendiconti autonomamente sulla proporzionalità delle proprie misure), si materializzano le conseguenze determinate dalla sentenza della CCT”. In altre parole la Bundesbank deve ritirarsi dal programma PSPP della BCE alla scadenza dei tre mesi di tempo concessi dalla sentenza e deve riequilibrare il bilancio vendendo i titoli acquistati nell’ambito di quel programma.
Pochi giorni dopo, in una risposta scritta all’esperto finanziario dell’FDP Frank Schaeffler, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann ha condiviso questo punto di vista. Weidmann ha detto che nel caso che la BCE non riesca a dimostrare la proporzionalità del programma PSPP, la Bundesbank dovrà cessare la propria partecipazione al programma (vedi https://www.welt.de/wirtschaft/article209626929/EZB-Anleihekaeufe-Im-Zweifel-untersteht-die-Bundesbank-deutschem-Recht.html).
“La Bundesbank ha chiarito senza ombra di dubbio”, scrive Die Welt, a cui Schaeffler ha passato le carte, “di non essere un semplice organo esecutivo della Banca Centrale Europea, ma di essere sottomessa alla legge tedesca… Nella controversia sul programma di acquisto dei titoli da parte della BCE, la Bundesbank cesserebbe di partecipare al PSPP (Public Sector Purchase Program) nel caso che la BCE non riuscisse a fare chiarezza sui timori della Corte Costituzionale Tedesca sulla proporzionalità del programma”.
Se la Bundesbank esce dal programma della BCE, l’Eurosistema non può sopravvivere. Ma questo non sopravviverà nemmeno sotto l’attuale paradigma. Per impedire una soluzione caotica è urgente che si approntino i piani per una transizione morbida a un sistema alternativo funzionante. Come abbiamo spesso indicato, questo potrebbe essere un sistema in cui l’Euro rimanesse come unità di conto tra valute sovrane, le cui parità siano fisse ma aggiustabili, non dai mercati ma dai governi sovrani. Un tale sistema può essere la base per ripristinare il credito nazionale e per programmi multilaterali ad hoc. La giurisdizione sul sistema bancario deve essere restituita alle istituzioni nazionali in modo da ripristinare protezione del risparmio, vigilanza e criteri reali di valutazione del rischio di credito. La legislazione nazionale deve ripristinare una separazione rigida tra banche commerciali e banche d’affari, come nella vecchia legge Glass-Steagall.