Il 16 luglio il nuovo Parlamento Europeo terrà la prima sessione plenaria, durante la quale dovrebbe eleggere il proprio Presidente e il Presidente della nuova Commissione Europea. Non si tratta tuttavia di una scelta sovrana: il nome del nuovo Presidente della Commissione Europea è stato deciso in precedenza dal Consiglio dell’UE. Il Parlamento Europeo può solo approvare o respingere il candidato proposto dal Consiglio; finora non è mai dato il caso di un candidato del Consiglio respinto dal Parlamento.
Piccolo dettaglio: i due attori principali del Consiglio, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron, sono i due princiapali sconfitti alle elezioni europee. In una comunità che sbandiera valori di democrazia a ogni piè sospinto, ci si aspetterebbe che quei leader traessero le conseguenze dalla sconfitta, invece di ostinarsi a riproporsi e riproporre la politica e i protagonisti bocciati alle urne.
Alla prima riunione del Consiglio Europeo, lunedì 17 giugno, Giorgia Meloni, Viktor Orban e altri sono stati lasciati per più di due ore in attesa nella sala riunioni di Bruxelles, mentre Macron, Scholz e altri leader di governo appartenenti alla cosiddetta “coalizione Ursula” (liberali, popolari e socialisti) si riunivano per scegliere tra loro un trio di candidati per i posti di Presidente della Commissione, Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la sicurezza e Presidente del Consiglio Europeo: rispettivamente Ursula von der Leyen, la premier estone Kaja Kallas e l’ex premier portoghese Antonio Costa. Una Meloni furiosa ha protestato perché l’Italia, membro fondatore della Comunità europea, non dovrebbe essere trattata in questo modo. Ora chiede un posto di rilievo nella Commissione per riparare all’offesa.
Anche se le richieste della Meloni dovessero essere soddisfatte, tuttavia, non sarà facile far eleggere la nuova Commissione. La cosiddetta “maggioranza Ursula” è risicata e, se si avrà lo stesso tasso di franchi tiratori di cinque anni fa, non ce la farà. Pertanto, sono in corso negoziati per allargare la maggioranza o a sinistra, con i Verdi, o a destra. Entrambe le opzioni hanno incontrato resistenze dagli opposti campi. Non è escluso che all’ultimo minuto venga estratto Mario Draghi, come il proverbiale coniglio dal cilindro, quale candidato in grado di superare i veti incrociati.
Nel frattempo, l’arroganza delle élite europee è dimostrata dal fatto che la Commissione uscente, invece di limitarsi a gestire gli affari correnti, si comporta come se avesse pieni poteri. Così ha avviato procedure per violazione delle regole sul deficit contro Francia, Italia e alcuni altri Paesi, chiedendo tagli al bilancio. Questo, mentre gli ultimi dati di Eurostat mostrano che la produzione industriale europea è scesa del 3% su base annua in aprile. Inoltre, ha pubblicato un rapporto che respinge la riforma del Premierato e la riforma fiscale attualmente in esame al Parlamento italiano. Il messaggio è chiaro: qui comando io e posso colpire basso…