Se fosse andata a buon fine, sarebbe stata la madre di tutti gli attacchi sotto falsa bandiera e avrebbe potuto portare a una guerra nucleare tra la NATO e la Russia. Quello che segue è il resoconto fornito dall’Ente federale di sicurezza russo (FSB) l’11 novembre: “L’Ente federale di sicurezza ha scoperto e sventato un’operazione del Direttorato principale dell’intelligence del Ministero della Difesa ucraino e dei suoi supervisori britannici per dirottare un caccia supersonico russo MiG-31, equipaggiato con un missile ipersonico Kinzhal, e farlo riparare all’estero. Per dirottare l’aereo, gli ufficiali dell’intelligence militare ucraina hanno cercato di reclutare piloti russi, offrendo loro tre milioni di dollari. I servizi speciali hanno quindi pianificato di inviare il jet con il missile Kinzhal nella zona in cui si trova la più grande base aerea della NATO nell’Europa sud-orientale, nella città rumena di Costanza, dove avrebbe potuto essere abbattuto dalla difesa aerea”. Il Kinzhal è in grado di trasportare testate sia nucleari che non nucleari.
La dichiarazione dell’FSB sottolinea inoltre che “le misure adottate hanno sventato i piani dei servizi segreti ucraini e britannici per effettuare una provocazione su larga scala”. Si può tranquillamente supporre che il ruolo chiave nel piano non fosse svolto dagli ucraini, ma dai servizi britannici, che, come ha commentato il ministro degli Esteri russo Lavrov, sono noti per le loro provocazioni (cfr. sotto). Quanto serio fosse il complotto rimarrà sconosciuto, ma esso sottolinea la determinazione delle forze occidentali a continuare la guerra, con la minaccia di un coinvolgimento militare diretto delle forze NATO.
Ciò riflette anche la situazione disperata delle forze ucraine sul campo. Lo stesso segretario di Stato americano Marco Rubio ha ammesso, probabilmente inavvertitamente, che le armi consegnate a Kiev vengono solitamente distrutte una settimana dopo dagli attacchi russi. Ciononostante, i leader europei non solo si preparano alla guerra, ma fanno di tutto per far fallire il dialogo avviato da Trump con il Cremlino. Le dichiarazioni avventate dello stesso Trump sulla “ripresa dei test nucleari statunitensi” aumentano l’incertezza. Il 14 novembre l’inquilino della Casa Bianca ha ribadito che i test sarebbero andati avanti, mentre pochi minuti dopo ha affermato che “quello che vorrei fare è denuclearizzare”, insieme a Russia e Cina.
Il punto più critico, tuttavia, è nei Caraibi. Gli Stati Uniti hanno inviato nella zona la loro più grande portaerei, insieme a 15.000 soldati, 12 cacciatorpediniere e diversi jet da combattimento. E il Dipartimento di Giustizia ha già elaborato le argomentazioni “legali” necessarie per giustificare un eventuale attacco al Venezuela via mare o via terra. Il 14 novembre il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha scritto sul suo account X che “l’emisfero occidentale è il vicino degli Stati Uniti e noi lo proteggeremo”.
L’EIR ospiterà il 20 novembre una tavola rotonda a Washington sulla crisi in Sud America, dal titolo: “Presidente Trump, non lo faccia! Una politica americana alternativa per i Caraibi”, con esperti della regione. Sarà trasmessa in diretta e potrà essere vista anche in differita (https://eir.news).