A fronte delle innumerevoli teorie cospirative che accusano la Cina di aver nascosto informazioni sullo scoppio della pandemia o addirittura di aver prodotto il virus per indebolire l’Occidente, la domanda che dovremmo porci tutti è che cosa possa essere fatto per impedirne l’ulteriore diffusione e come, nel lungo periodo, costruire un sistema sanitario mondiale che possa contrastare efficacemente tali malattie. Questi sono stati i temi al centro della conferenza internazionale dello Schiller Institute tenutasi il 25-26 aprile.
La risposta si trova nell’aumento della cooperazione tra le principali potenze, in particolare tra gli Stati Uniti e la Cina, le nazioni europee e la Russia, per introdurre una politica di “Via della Seta Sanitaria” e, aldilà di ciò, assicurare lo sviluppo dell’economia reale e delle infrastrutture. Questo, a sua volta, richiede la fine della geopolitica e della dottrina finanziaria liberista che pone il guadagno personale al di sopra del bene comune.
Per quanto riguarda le teorie cospirative, basti qui citare Richard Horton, direttore dell’autorevole rivista medica The Lancet, che ha denunciato vigorosamente l’isteria anti-cinese che “contamina il pensiero” in Occidente e “destabilizza la nostra risposta al virus”. Horton propone di lavorare “spassionatamente con le autorità cinesi per capire l’epidemia e far sì che non accada di nuovo” ed elogia “il formidabile lavoro” fatto da scienziati e medici in Cina, deplorando il tempo prezioso perso negli Stati Uniti e in Gran Bretagna prima di rispondere adeguatamente agli avvertimenti giunti dalla Cina e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Gran parte della propaganda anti-cinese ha origine nel Regno Unito, come abbiamo riferito, e vede coinvolti in prima fila gli organi d’intelligence. L’ambasciatrice di Sua Maestà negli Stati Uniti, Karen Pierce (foto), si è unita al coro di coloro che chiedono “qualche tipo di inchiesta su come il virus sia iniziato” in Cina. Un altro caso vistoso è quello dello storico inglese Niall Ferguson, noto nostalgico dell’Impero, che sul Sunday Times del 5 aprile sostenne che la Cina lasciò continuare i voli per l’Europa e l’America dall’Hubei e da Wuhan dopo il 23 gennaio, mentre li sospendeva verso altre parti del Paese che erano sotto quarantena. Tali asserzioni sono state confutate dal prof. Daniel A. Bell, della Columbia University, che si è preso la briga di consultare i registri di volo e ha smascherato la bufala.