La decisione presa dal Consiglio dell’UE il 15 dicembre (senza l’Ungheria, il cui primo ministro Viktor Orban (foto) ha lasciato la sala prima del voto) di avviare i negoziati per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea è, nella migliore delle ipotesi, fuori dalla realtà e, nella peggiore, un crudele inganno. Gli aiuti immediati all’Ucraina sono stati bloccati, mentre il processo di ingresso nell’UE, se si concluderà, si protrarrà talmente a lungo che forse alla fine non ci sarà più un’UE in cui entrare.
Mentre i media mainstream europei facevano a gara nel lodare la decisione, il Washington Post, da osservatore esterno, descriveva cosa significherebbe per l’UE avere l’Ucraina come Stato membro.
L’Ucraina, scrive il Post (https://www.washingtonpost.com/world/2023/12/15/ukraine-membership-european-union-explained/), è il quinto Paese più popoloso d’Europa: potrebbe contare sul 9% nelle votazioni a maggioranza qualificata ed è di gran lunga il più povero; pertanto, assorbirebbe la maggior parte dei sussidi, qualora le regole rimanessero invariate.
Con l’ingresso dell’Ucraina, la Germania passerebbe dal 18,6% dei voti, quando si vota a maggioranza qualificata, al 16,9%. Polonia e Ucraina avrebbero insieme lo stesso potere della Germania.
Il Post non sospetta che forse è proprio questo che qualcuno nell’UE vuole, mentre non tocca l’aspetto strategico-militare, dal momento che la collaborazione tra UE e NATO è sancita negli accordi e quindi di fatto l’Ucraina entrerebbe nell’Alleanza Atlantica.
Molti a Bruxelles, scrive il Post, ritengono che per assorbire l’Ucraina e altri Paesi, l’UE dovrà riformare le proprie istituzioni chiave, compreso il Parlamento e le politiche agricole. Se gli agricoltori europei ricevono oggi poco più di 183 euro per ettaro coltivato, gli ucraini dovrebbero ricevere miliardi di euro, data l’estensione delle terre coltivate. In Polonia, gli agricoltori si sono già espressi a gran voce contro le esportazioni di grano ucraino via terra, a causa dell’impatto negativo sui prezzi interni. Prima della guerra, l’Ucraina esportava 20 milioni di tonnellate di grano all’anno, pari a un terzo delle esportazioni totali dell’UE. La Polonia, ad esempio, esporta solo quattro milioni di tonnellate all’anno.
Il PIL pro capite in Ucraina nel 2021 era di 4.470 dollari. Nello stesso anno in Bulgaria, attualmente il Paese più povero dell’UE, era di 10.700 euro secondo i dati del FMI. Il costo della ricostruzione e della ripresa dopo la fine della guerra supererà i 366 miliardi di euro, secondo una stima fatta dalla Commissione UE, dalla Banca Mondiale e dalle Nazioni Unite dopo solo il primo anno di conflitto. Va da sé che tra le promesse e i fatti ci sarà un grande divario.
Anche Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes“, ritiene che l’ingresso dell’Ucraina nell’UE tra 10 o 20 anni sia “discutibile”. Parlando al canale televisivo La7, Caracciolo ha detto: “Stiamo giocando con i simboli, mentre la realtà ci sfugge. Quale Ucraina entrerà nell’UE? L’Ucraina è un Paese invaso e diviso, dove metà della popolazione non c’è più. Di cosa stiamo parlando?”