Quattro ONG israeliane per i diritti umani, che si definiscono “la coalizione israeliana per il cessate il fuoco”, hanno “invitato la comunità internazionale ad agire ora per impedire ad Israele di deportare con la forza centinaia di migliaia di palestinesi” dal nord di Gaza con un assedio che prevede il taglio di cibo, acqua e carburante. La dichiarazione è stata firmata da B’Tselem (il Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati), Gisha (il Centro legale per la libertà di movimento), Yesh Din (Volontari per i diritti umani) e Physicians for Human Rights Israel (PHR-I). Il documento afferma senza mezzi termini che:
“Ci sono segnali allarmanti che indicano che l’esercito israeliano sta iniziando ad eseguire silenziosamente il Piano dei Generali, indicato anche come Piano Eiland, che prevede il trasferimento forzato dei civili del nord della Striscia di Gaza per mezzo dell’inasprimento dell’assedio sull’area e l’affamamento della popolazione”.
Le ONG hanno ribadito l’avvertimento che gli Stati hanno l’obbligo di prevenire i crimini della fame e del trasferimento forzato, e che, se la continuazione dell’approccio “aspetta e vedi” permetterà ad Israele di liquidare il nord di Gaza, essi ne saranno complici. Tutti gli Stati e le istituzioni internazionali competenti dovrebbero agire ora e usare tutti gli strumenti a loro disposizione – legali, diplomatici ed economici – per impedirlo”.
Per ricordare ai nostri lettori: il cosiddetto “Piano del Generale” è stato redatto da un gruppo di generali in pensione dell’IDF, guidati dal Gen. Giora Eiland, ed è stato presentato al governo a settembre. La prima fase dà a tutti i cittadini di Gaza Nord (“circa 300.000 persone”) una settimana di tempo per andarsene; allo scadere della settimana, l’area sarà dichiarata zona militare chiusa. La fase successiva prevede l’imposizione di “un assedio completo e stretto” per impedire qualsiasi movimento da e verso l’area e per impedire “l’ingresso di rifornimenti, compresi cibo, carburante e acqua”. Il 5, 6 e 7 ottobre, l’esercito israeliano ha emesso nuovi ordini di evacuazione per oltre 400.000 persone nel nord della Striscia di Gaza e per tre ospedali.
Allo stesso tempo, le Forze di Difesa israeliane hanno deliberatamente preso di mira le agenzie delle Nazioni Unite e di peacekeeping sia a Gaza che in Libano. A seguito degli attacchi, l’UNIFIL ha dovuto ridurre la propria presenza del 20-25%. Ma Netanyahu, nella sua folle corsa al potere, ha chiesto alle Nazioni Unite di ritirare completamente il contingente dal Libano meridionale, cosa che il Segretario Generale Guterres si è rifiutato categoricamente di fare.
Inoltre, la scorsa settimana una commissione parlamentare israeliana ha approvato una legge che vieterebbe all’Agenzia delle Nazioni Unite per i lavori di soccorso (UNRWA) di operare su tutto il territorio israeliano e porrebbe fine a tutti i contatti tra il governo e l’agenzia. Ciò significherebbe che tutti gli aiuti di emergenza a centinaia di migliaia di palestinesi “si fermerebbero”, ha avvertito il commissario dell’UNRWA Philippe Lazzarini. Il disegno di legge deve ora essere votato in aula.