L’unica soluzione duratura alla crisi odierna, in tutte le sue molteplici sfaccettature, sta nella sconfitta definitiva dell’Impero Britannico. Nessuna singola azione potrebbe spazzarne via le strutture plurisecolari; tuttavia potrebbe farlo un complesso di azioni simultanee “sul fianco”, a cominciare dalla pubblicazione delle ventotto pagine secretate del rapporto della Commissione d’Inchiesta del Congresso americano sui fatti dell’11 settembre 2001, da cui risultano le responsabilità della famiglia reale saudita.

Londra, Riad e Washington sanno bene quali sorprese si avrebbero se le ventotto pagine venissero desecretate. In questi quindici anni, gli inquirenti americani hanno accumulato una montagna di indizi sui legami tra la famiglia reale saudita e i diciannove terroristi dell’11 settembre. Ad ogni tappa dello sviluppo delle indagini, l’FBI, la struttura garante di Londra e di Wall Street, ha condotto operazioni di insabbiamento al mero scopo di proteggere i sauditi e i circoli britannici coinvolti.

Gli inquirenti e i commissari incaricati delle indagini hanno stabilito una mappa della presenza, all’epoca dei fatti, di funzionari sauditi nella California meridionale, nella Florida meridionale, nella Virginia settentrionale, nel New Jersey e – in Germania – a Berlino, funzionari attivi nell’apparato di supporto agli attentatori di New York e di Washington. Il metodo del “follow the money” (seguire i flussi di denaro) da essi adottato li ha condotti direttamente al collegamento tra i conti aperti presso la Banca d’Inghilterra per gli accordi “Al Yamamah” di scambio di petrolio e armi, e i conti correnti personali del Principe Bandar bin Sulṭān presso la Riggs National Bank di Washington e, infine, le mani degli agenti sauditi che finanziavano i due dirottatori di San Diego, Nawaf al-Hamzi e Khalid al-Mihdhar.

Queste ventotto pagine sono un fianco scoperto importantissimo, tanto che la Casa Bianca di Obama, i sauditi e l’FBI stanno già lavorando per scongiurare qualunque passo in avanti verso la loro pubblicazione. Nel fare questo, stanno confermando la propria responsabilità per la morte di 2977 americani innocenti.

Non si deve credere, infatti, alle parole di Barack Obama, che prometterebbero una “revisione finale” delle pagine. Non ha alcuna intenzione di renderle pubbliche, poiché è complice. È complice dell’FBI, e soprattutto dei suoi ex direttori Robert Mueller e Louis Freeh, nella “protezione” dei britannici e dei sauditi orchestratori dell’attentato sanguinoso e strumentale nel lancio della “guerra permanente” all’interno del quadro dello “scontro tra le civiltà” preparato a tavolino dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando venne a mancare il “nemico” utile a tenere il mondo diviso e polarizzato.

Le ventotto pagine contengono informazioni di rilevanza penale e strategica. Gli oltre due miliardi di dollari dell’accordo “Al Yamamah” sono serviti in parte a finanziare gli attacchi dell’11 settembre. Alcuni di quei fondi, infatti, viaggiarono dai conti presso la Banca d’Inghilterra dell’Ufficio di Supporto alle Esportazioni per la Difesa (DESO) del Ministero britannico della Difesa ai conti di Bandar presso la Riggs National Bank, quindi ai funzionari dei servizi sauditi che stavano dietro agli attentatori.

Ciò è tuttavia solo una minima parte del contenuto di quelle ventotto pagine. È la punta dell’iceberg.

Come chiarì LaRouche, tempestivamente, nel gennaio 2001, con George W. Bush alla Casa Bianca, l’Esecutivo controllato dai neocon stava cercando di creare un nuovo “incendio del Reichstag” per avere un pretesto per scardinare la Costituzione americana e instaurare una dittatura. I britannici e i sauditi furono cruciali nella conduzione di tale operazione.

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Le ventotto pagine furono prontamente secretate da Bush e il Presidente Obama le ha mantenute tali, nonostante le promesse da campagna elettorale, per quasi otto anni. È evidente che Obama protegge i responsabili dell’11 settembre. Come abbiamo già detto, il “Documento 17” estrapolato tra quelli della Commissione d’Inchiesta e pubblicato la scorsa estate, motiva ulteriormente l’urgenza della pubblicazione delle ventotto pagine.

La continua opposizione di Obama alla loro pubblicazione è passibile di impeachment; non lo si può lasciare impunito. Le famiglie delle vittime e, con esse, il mondo intero, tutti hanno il diritto di sapere che legami stringano i circoli imperiali britannici alla casa dei Saud, all’FBI e alla famiglia Bush. In gioco è anche la sopravvivenza degli Stati Uniti d’America, e il loro ruolo storico di “faro della speranza” per le nazioni vittime dei sistemi imperiali.

Il LaRouche PAC avverte: non cediamo alle intenzioni di Obama e dell’FBI. Si esiga l’immediata pubblicazione delle preziose ventotto pagine e si apra una nuova inchiesta sui veri autori e registi dell’11 settembre. Ciò è necessario, se si vuole neutralizzare l’ISIS e ogni minaccia del terrorismo jihadista.

Il Congresso approvi la Legge per la Giustizia contro i Sostenitori del Terrorismo (“JASTA”) e il Presidente Obama sia destituito nel rispetto della Costituzione, prima che sia troppo tardi, anche per evitare uno scontro militare contro Russia e Cina.

Anche in Europa e in Italia è possibile far sentire la nostra voce sull’urgenza della pubblicazione delle ventotto pagine. Come ha detto il Sen. Graham, che presiedeva la Commissione del Congresso sull’11 settembre, se fossero state pubblicate si sarebbero potute evitare altre stragi, come quelle di Parigi. Le nazioni europee hanno quindi il diritto e il dovere di esigere una risposta dal governo americano.

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Da Solidarité et Progrès

Nouvelle Solidarité, n. 9/2016
11 settembre: 28 pagine per cambiare la storia