Il Primo Ministro israeliano Netanyahu ha sostenuto più volte che non cederà alla “pesante opposizione” proveniente da tutto il mondo, ma se verrà a mancare il sostegno degli Stati Uniti, finora incondizionato, gli israeliani dovranno accettare dei compromessi.
Pertanto, gli alleati di Netanyahu sono molto preoccupati per le crescenti proteste all’interno degli Stati Uniti, soprattutto tra le organizzazioni ebraiche che rifiutano di essere messe a tacere. Ancora più preoccupante per loro, tuttavia, è la crepa che è apparsa nel sostegno solitamente quasi monolitico a Israele nel Congresso.
La scorsa settimana, infatti, quattro parlamentari di origine ebraica (un senatore e tre deputati), pur sostenendo la necessità di distruggere Hamas, hanno criticato aspramente, con dichiarazioni separate, il tributo umano della campagna militare israeliana a Gaza. Uno di loro, il senatore Jon Ossoff, ha detto il 17 novembre: “L’entità delle morti e delle sofferenze dei civili a Gaza non è necessaria. È un fallimento morale e dovrebbe essere inaccettabile per gli Stati Uniti”.
Anche dalle Nazioni Unite le pressioni non cessano. “Questa guerra sta provocando ogni giorno un numero impressionante e inaccettabile di vittime civili, tra cui donne e bambini”, ha dichiarato il Segretario generale António Guterres il 19 novembre. “Tutto questo deve finire. Ribadisco il mio appello per un immediato cessate il fuoco umanitario” ha detto, secondo UN News.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), Volker Türk, è stato ancora più netto: “Gli orrendi eventi delle ultime 48 ore a Gaza sono inconcepibili” ha dichiarato lo stesso giorno. L’uccisione di così tante persone nelle scuole trasformate in rifugi, le centinaia di persone che fuggono per salvarsi dall’ospedale Al-Shifa e il continuo sfollamento di centinaia di migliaia di persone nel sud di Gaza sono azioni che vanno contro la protezione fondamentale che il diritto internazionale deve garantire ai civili”. Türk ha ricordato che il mancato rispetto di queste regole può costituire un crimine di guerra.
Il capo dell’ente delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei palestinesi nel vicino oriente, Philippe Lazzarini, ha avvertito da parte sua: “Questa guerra feroce sta raggiungendo un punto di non ritorno in cui tutte le regole vengono disattese, in palese disprezzo per le vite civili”, e ha fatto appello “ancora una volta affinché l’umanità prevalga e si arrivi subito a un cessate il fuoco umanitario”.
Pedro Arrojo-Agudo, relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani all’acqua potabile e ai servizi igienici, ha lanciato un appello urgente a Israele affinché permetta l’ingresso di acqua pulita e carburante a Gaza per attivare la rete idrica e gli impianti di dissalazione nell’enclave assediata, prima che sia troppo tardi. “Israele deve smettere di usare l’acqua come arma di guerra”, ha dichiarato, aggiungendo che “secondo l’articolo 7 dello Statuto di Roma [della Corte Penale Internazionale], privare intenzionalmente la popolazione civile delle condizioni di vita, in un calcolo che mira a distruggerla, è un atto di sterminio e viene classificato come crimine contro l’umanità”.
Finora, l’Unione Europea non ha risposto a questi appelli di disperazione. Seguendo l’esempio di Washington, si è limitata a chiedere “pause umanitarie” per dare un po’ di sollievo alle popolazioni civili.