Mentre i suggeritori della City di Londra e dell’establishment finanziario di Wall Street continuano a dirigere feroci attacchi contro Donald Trump, un nuovo motivo accresce la loro preoccupazione: il Presidente potrebbe sostenere il ripristino della separazione bancaria con la legge Glass-Steagall, recentemente riproposta al Congresso americano. Il disegno di legge alla Camera dei Rappresentanti (H.R. 790) ha ora 38 firmatari, sei dei quali aggiuntisi il giorno prima che il tema fosse al centro del briefing della Casa Bianca il 9 marzo, dove il portavoce di Trump Sean Spicer ha ribadito il suo sostegno.

John Grizzi, giornalista di Newsmax, una testata non ostile a Trump, ha chiesto se il Presidente stringerà un accordo con il Sen. Bernie Sanders, che aveva sostenuto la legge Glass-Steagall durante la sua campagna elettorale, per farla approvare. Spicer ha risposto che egli lavorerebbe con Sanders, “se troveremo un terreno comune”, per “migliorare l’industria finanziaria”.

A quel punto Gizzy ha chiesto: “Egli è ancora deciso a ripristinare la legge Glass Steagall?”, al che Spicer ha risposto: “Sì”.

Alcuni media hanno attribuito l’improvviso calo in borsa quel giorno a questo scambio. Infatti, i mercati azionari sono stati gonfiati dall’enorme volume di denaro emesso a bassi tassi di interesse, che viene poi prestato dalle megabanche a imprese “blue chip” che acquistano le proprie azioni, una pratica comune nel sistema bancario deregolamentato che si è venuto a creare dopo l’abrogazione della legge Glass-Steagall. Porre fine al rapporto corrotto tra la Federal Reserve e le banche cosiddette Too Big to Fail (TBTF), come avverrebbe nel caso del ripristino della Glass-Steagall, farebbe scoppiare

la bolla speculativa, insieme a quella dei derivati.

Ad alimentare questi timori c’è stato l’incontro tra Trump e gli AD di piccole banche regionali, in cui il Presidente ha detto che darà séguito alle misure iniziali prese contro la riforma finanziaria di Obama, per liberare le banche regionali dall’incubo delle regole imposte dalla legge Dodd-Frank. Con quest’ultima, le banche “troppo grandi per fallire” sono cresciute del 40%, in quanto nulla è stato fatto per fermare o anche solo rallentare la speculazione rampante che provocò il crac ormai quasi dieci anni fa. Al contempo, le piccole banche locali, che, come ha detto Trump giustamente, svolgono “un ruolo vitale nella creazione di posti di lavoro”, in particolare perché forniscono quasi la metà dei prestiti alle piccole e medie imprese, sono state escluse dall’accesso alla liquidità che arriva solo alle megabanche TBTF.

I banchieri dell’establishment sanno che se Trump desidera rilanciare l’industria negli Stati Uniti dovrà ripristinare la separazione bancaria ed elargire credito produttivo, ed è per questo che cercano di destituirlo.