Raramente nelle moderne democrazie, i partiti tradizionali sono crollati così rapidamente e altrettanto rapidamente sono ascesi nuovi partiti, come nella attuale fase storica. Può essere fatto un parallelo con gli anni e i mesi precedenti il fatale anno 1933, quando la crisi mondiale trovò due sbocchi opposti: il nazionalsocialismo in Germania e il New Deal di Roosevelt negli Stati Uniti. Oggi, come allora, il sistema ha raggiunto un punto di rottura in cui le attuali oligarchie possono sopravvivere solo instaurando forme di governo dittatoriali o facendosi da parte per favorire un nuovo sistema che difenda gli interessi e le vite delle popolazioni.
Ecco allora che vediamo riproporsi queste due alternative, rappresentate da attori politici catapultati al potere o alle soglie di esso: un Milei in Argentina, un Wilders in Olanda o una Wagenknecht in Germania. L’Italia su questo ha già dato, con i grillini prima ascesi e poi crollati, ma una sorte simile attende il partito di Giorgia Meloni, se continuerà a tradire le promesse elettorali. Intanto si candida a raccoglierne le spoglie una nuova formazione che nasce da destra, ma apre a sinistra: il partito “Indipendenza” fondato dall’ex ministro dell’Agricoltura e sindaco di Roma Gianni Alemanno.
“Indipendenza” ha tenuto la sua convention di fondazione il 25-26 novembre a Roma, con ospiti di riguardo come l’ex leader comunista Marco Rizzo, il sindaco di Betlemme Hanna Hanania. Erano presenti anche amici dello Schiller Institute come gli economisti Nino Galloni (interpellato per le sue competenze in materia di politica monetaria), Michele Geraci e il presidente dell’ANAC Maurizio Abbate (gli ultimi due sono stati eletti nella direzione nazionale).
La nuova formazione politica critica la politica estera del governo Meloni, appiattita sulle posizioni antirusse e anticinesi della NATO e dell’UE, la perdita di sovranità monetaria ed economica, le posizioni ideologiche su ambiente e clima ed è a favore di un dialogo con Russia e Cina nell’ambito della Nuova Via della Seta.
Spiegando perché la nuova formazione non sia di destra, nonostante il retroterra politico del fondatore, Alemanno ha detto: “Facciamo battaglie comuni e trasversali. Vogliamo portare all’attenzione degli italiani i veri problemi”. “Meloni e Schlein”, ha aggiunto, “dicono le stesse cose sulla guerra e l’economia, poi litigano sulle stupidaggini”. Esse rappresentano un mainstream unificato “contro cui dobbiamo combattere tutti assieme”.
Il nuovo partito gode sicuramente di un sostegno iniziale inferiore rispetto, ad esempio, a quello della Wagenknecht in Germania (già al 12%), ma ricordiamo che Fratelli d’Italia, nato nel 2013, rimase al 4% o giù di lì per un decennio, prima di esplodere alle elezioni politiche del 2022 e diventare il primo partito col 26% dei voti. “Indipendenza” si colloca ora nella posizione in cui FdI era due anni fa, cioè unico partito di opposizione rispetto al “mainstream unito”. Il programma c’è; il successo dipenderà anche dalla scelta del personale.

(Nella foto Maurizio Abbate parla alla conferenza dello Schiller Institute che si è tenuta lo scorso settembre a Strasburgo, in Francia).