Con la firma del Memorandum d’Intesa (MoU) sulla “Cooperazione nell’ambito della Via della Seta economica e dell’Iniziativa per una Via della Seta Marittima del XXI Secolo” l’Italia è diventata la prima grande nazione industrializzata, il primo membro del G7 e il primo membro fondatore dell’Unione Europea ad aderire ufficialmente alla Belt and Road Initiative. L’accordo è stato firmato il 23 marzo dal Ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio per l’Italia e dal presidente della Commissione per lo Sviluppo e le Riforme He Lifeng da parte cinese, nel corso della visita di stato in Italia del Presidente cinese Xi Jinping.

La firma del MoU aveva incontrato forte opposizione da parte di ambienti neocon negli Stati Uniti, della City di Londra e dei cosiddetti “partner” dell’Italia nell’Unione Europea. Il Presidente francese Emmanuel Macron, che ha incontrato il Presidente del Consiglio Conte assieme alla Cancelliera Merkel il 22 marzo, ai margini del vertice europeo sulla Cina, ha dichiarato dopo l’incontro che “i negoziati bilaterali su testi di accordo sulla rotta della Via della Seta non sono un buon metodo”. La Merkel, pur ammettendo che nel testo del MoUillustrato da Conte non vi fosse di che eccepire, si è anch’essa rammaricata del fatto che l’Italia avesse infranto l’unità europea.

Dietro questo rammarico e questi commenti velenosi è il disappunto da parte di chi vorrebbe continuare la politica dei blocchi contrapposti secondo la fatiscente geopolitica di marca britannica. Che l’abitudine sia dura a morire lo dimostra il fatto che Macron ha indetto una cena da “direttorio europeo”, a quattro, per l’arrivo di Xi in Francia, dopo la visita italiana. Al tavolo siederanno l’aspirante piccolo Napoleone, la Merkel, il presidente della Commissione Junker e, naturalmente, Xi.

L’ostilità transatlantica è motivata dal fatto che l’accordo Cina-Italia, pur non disturbando le alleanze tradizionali dell’Italia (NATO, UE), aprono una breccia negli schemi geopolitici occidentali nel momento in cui stabiliscono un partenariato strategico basato sull’amicizia tra le due nazioni. Per la NATO la Cina è considerata alla stregua di un nemico, mentre per l’UE un “rivale sistemico”.

L’architetto dell’accordo sino-italiano è Michele Geraci, sottosegretario allo Sviluppo Economico che, prima di assumere incarichi di governo, trascorse dieci anni in Cina come docente di economia. Geraci ha più volte spigato che la Belt and Road Initiative offre un’occasione unica alle imprese italiane in Cina e lungo la rotta della Nuova Via della Seta, come pure per la cooperazione in Africa.

A una conferenza organizzata da MoviSol e dalla Regione Lombardia appena dieci giorni prima della firma del MoU, Geraci ha ben spiegato come l’Italia intenda diventare il terminale della Via della Seta Marittima e puntare a fare del Mezzogiorno una piattaforma per gli investimenti in Africa (vedi foto). La visita privata di Xi a Palermo il 24 marzo, in cui la coppia presidenziale cinese è stata accompagnata dal sottosegretario di origini siciliane, ha senza dubbio voluto dare un segnale dell’interesse di Pechino all’isola che, come ha commentato Geraci, “è il posto più vicino all’Africa pur non essendo l’Africa”.

Dopo la visita, il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci ha dichiarato: “Per la Sicilia rimane la possibilità di avere un ruolo nella via della Seta ma di tutto questo non abbiamo parlato col presidente cinese perché il cerimoniale era molto rigoroso. Capite però che intercettare la via della seta significa avere infrastrutture. Agli appuntamenti si arriva puntuali e preparandosi, quindi dobbiamo subito sederci attorno a un tavolo col governo nazionale e capire [che] cosa vogliamo fare della Sicilia nella via della seta, organizzarci di conseguenza per individuare le priorità e investire su quelle”.