L’imperativo europeo per la pace e lo sviluppo

La riunione ministeriale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) che si terrà a Napoli domani e mercoledì 21 novembre, sarà cruciale per stabilire se l’esplorazione spaziale europea avrà un futuro. I Ministri europei e canadese per la ricerca spaziale sapranno distinguersi in questo clima politico di pessimismo e austerità, e promuovere ambiziosi programmi spaziali come ExoMars?

“Per uscire dalla crisi, servono uomini su Marte”, come scrivemmo nel 2009, celebrando il quarantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna.

La falsa questione del finanziamento

Nonostante il successo dell’ultima sonda marziana Curiosity il Presidente degli Stati Uniti d’America ha amputato brutalmente il bilancio dell’Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aereonautiche (NASA). Di conseguenza gli Stati Uniti, oltre a ricorrere ai razzi russi per spedire i propri astronauti in orbita, hanno dovuto rinunciare alla partecipazione al programma europeo ExoMars.

Mentre si immettono migliaia di miliardi di dollari nei mercati finanziari, sapendoli destinati a bruciare ugualmente nel gioco speculativo, si fatica a trovare 350 milioni di euro per completare il finanziamento di 1,2 miliardi del programma ExoMars. Le difficoltà addotte hanno il sapore del ridicolo soprattutto se si rammenta che il bilancio annuale dell’ESA è di 4 miliardi di euro e dunque il completamento del bilancio pluriennale del programma ExoMars equivarrebbe al 30% di questa somma annuale. Rapportato alla popolazione europea, il bilancio dell’ESA costa al singolo contribuente come un biglietto per il cinema: dunque ExoMars un terzo di quel biglietto!

Non siamo, d’altra parte, all’alba dell’astronautica. Sono passati cinquantacinque anni dal lancio dello Sputnik e cinquanta dallo storico discorso “Scegliamo di andare sulla Luna…” di John Fitzgerald Kennedy alla Rice University.

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In quel discorso il giovane presidente americano dovette difendere il suo progetto dalla critiche dei contabili:

“Certamente tutto questo ci costa un bel po’ di denaro. Il bilancio di quest’anno [1962] per lo spazio è il triplo di quello approvato nel gennaio 1961 ed è ancor più ingente del bilancio degli ultimi otto anni messi assieme. Il bilancio ora ammonta a 5.400 milioni di dollari all’anno – una somma impressionante, ma in qualche modo inferiore a quel che paghiamo per le sigarette e i sigari ogni anno. Le spese per lo spazio cresceranno ancora un poco, da quaranta centesimi procapite ogni settimana, a più di cinquanta centesimi alla settimana per ogni uomo, donna e bambino degli Stati Uniti, poiché abbiamo assegnato a questo programma un’alta priorità nazionale – anche se riconosco che ciò è in qualche misura un atto di fede, un atto di un visionario, poiché non sappiamo quali benecifi ci attendano”.

“Ma se dovessi dire, miei concittadini, che dovremmo spedire sulla Luna, a 240.000 miglia dalla stazione di controllo di Houston, un razzo gigante alto più di 300 piedi, pari alla lunghezza di questo campo da rugby, costituito di nuove leghe metalliche, alcune delle quali non sono ancora state inventate, capaci di sopportare il calore e le sollecitazioni molto più di quanto hanno finora fatto, assemblate con una precisione superiore a quella dei migliori orologi, caricato di tutte le attrezzature richieste per la propulsione, la guida, il controllo, le comunicazioni, l’alimentazione e la sopravvivenza, per una missione senza precedenti, verso un corpo celeste sconosciuto, e farlo tornare in tutta sicurezza sulla Terra, rientrando in atmosfera a una velocità superiore a 25.000 miglia orarie, producendo una temperatura intorno alla metà di quella solare – quasi quanto è caldo qui, oggi – e fare tutto questo e farlo bene, e farlo prima che questo decennio sia passato – allora dobbiamo essere arditi”.

I frutti di oltre cinquant’anni di ricerca spaziale

Oggi sappiamo che la ricerca spaziale rende gli investimenti altamente fruttuosi, soprattutto in termini di nuovi processi produttivi applicati in modo capillare, in numerossissimi campi agroindustriali, aumentando la produttività procapite.

L’informatica (disegno al calcolatore, calcoli veloci, ecc.) e la robotica (telemanipolazione, automazione, ecc.) sono tra gli esempi più noti di campi applicativi sorti o potenziati grazie allo stimolo del programma Apollo.

Esistono stime molto diverse del ritorno, in termini finanziarii, dei progetti spaziali. Nel lungo documento sui loro risvolti sociali (NASA, 1992) si legge”Le stime del ritorno dell’investimento nel programma spaziale vanno dai 7 dollari contro 1 dollaro speso per il programma Apollo ai 40 dollari per ogni dollaro speso oggi per lo sviluppo delle missioni spaziali”. Secondo Yannick d’Escatha, direttore generale del Centro Nazionale di Studi Spaziali francese (CNES, 2012), per ogni euro investito nell’infrastruttura spaziale potremmo attenderci circa venti euro di economia reale.

Così, non c’è più spazio per i dubbi e le polemiche: la ricerca spaziale non soltanto non è un lusso in tempi di crisi, ma è una delle risposte necessarie. L’aver accettato dei compromessi su questo punto, già a partire dai primi anni Settanta, ha determinato un tragico rallentamento del progresso sia dei Paesi industrializzati, sia di quelli formalmente emancipati dai vetusti sistemi coloniali.

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ExoMars

Il citato progetto ExoMars, prima parte integrante del progetto Aurora di esplorazione umana e robotica dello spazio, fino alla esplorazione umana di Marte per il 2025-30, prevede la collaborazione dell’ESA con l’Ente Spaziale della Federazione Russa (Roscosmos, o FKA), per inviare su Marte con il vettore russo Proton un satellite e un rover simile a Curiosity.

In occasione della prima configurazione interplanetaria favorevole (anno 2016) si pianifica di lanciare un satellite intorno al pianeta rosso per il rilevamento di metano ed etano, indizi della presenza attiva della vita, e per preparare le future comunicazioni con la sonda lanciata durante la seconda configurazione favorevole (anno 2018), sonda capace di compiere carotaggi del suolo marziano fino a due metri di profondità alla ricerca di altre tracce di vita, e di collocare strumenti in grado di rilevare asteroidi pericolosi per la Terra.

Le sonde sarebbero radioguidate dal centro di controllo di Torino, forse in parallelo con una sonda americana chiamata MAX-C, controllata invece da Pasadena. Il sistema di carotaggio è progettato in Italia.

Con ExoMars si intende compiere un primo passo sulla via di altri approcci al pianeta rosso, tra cui una missione di estrazione di campioni da analizzare sulla Terra, in inglese Mars Sample Return (MSR).

Rolf de Groot, presidente dell’ufficio di coordinamento dell’esplorazione robotica dell’ESA, fa in qualche modo affidamento sul principio della produzione di massa: sostiene che i risultati di questo genere di missione potranno essere ottimizzati soltanto se i lanci si seguiranno a ritmo sostenuto, cioè ad ogni configurazione favorevole, a distanza di circa 26 mesi. Ciò vuol dire che è richiesta una programmazione sull’arco minimo dei prossimi 15-20 anni.

I razzi Ariane

Poiché lo sviluppo di nuovi razzi vettori ha subìto un arresto negli Stati Uniti, è chiaro che l’Europa dovrà gradualmente diventare autonoma, sviluppando una soluzione nel periodo di tempo in cui, come gli Stati Uniti, si appoggerà alla Russia.

Se a Napoli i ministri riusciranno a ragionare nel senso opposto all’austerità, dimostreranno certamente quanto sia viziato il dibattito in corso sui razzi della serie Ariane. C’è chi sostiene sia prioritario lo sviluppo dell’Ariane 5 ME e chi sostiene la necessità di concentrare le risorse sul suo successore, talvolta chiamato Ariane 6. Poiché sono assolutamente complementari, basterà finanziare entrambi. È necessario abbandonare la mentalità del contabile e adottare l’approccio del credito produttivo.

[Per approdondire, consultare anche: “Duello franco-tedesco sul futuro di Ariane“, La Stampa, 30 settembre 2012.]

La strategia globale e internazionale di esplorazione spaziale

Il Comitato Europeo delle Scienze Spaziali (CESS/ESSC) della Fondazione Europea della Scienza (FES/ESF) di Strasburgo ha all’attivo due progetti del VII Programma Quadro della Comunità Europea: il progetto MEGAHIT di definizione di una linea guida nello sviluppo di nuovi motori e di nuove fonti d’energia al servizio di viaggi spaziali di lunga durata; il progetto ASTROMAP di definizione delle missioni di astrobiologia per i prossimi vent’anni.

Il comitato, inoltre, si occupa dell’individuazione delle prospettive di lungo periodo e dell’analisi delle direzioni future di ricerca spaziale, con un occhio per i salti tecnologici, e, su richiesta dell’ESA, di considerare i rischi associati a missioni come la suddetta MSR di introdurre nel nostro pianeta forme di vita marziane, valutazioni che fanno parte del più ampio progetto di Difesa Strategica della Terra, usando l’espressione coniata nel 2011 dai russi.

Il comitato, pertanto ha tutte le carte in regola per rivolgere ai convenuti a Napoli il seguente monito: “che l’Europa assuma un ruolo guida nello sviluppo della Strategia Globale di Esplorazione (GES)”.

Il riferimento è ad un interessante documento del 2007, redatto con l’accordo di quattordici agenzie spaziali sulla formazione di un Quadro di Coordinamento, di cui è garante il Gruppo Internazionale di Coordinamento dell’Esplorazione Spaziale. Gli enti sono, in ordine alfabetico, l’italiana ASI, il britannico BSNC dal 2010 sostituito dalla UKSA, il francese CNES, la cinese CNSA, la canadese CSA, l’australiana CSIRO, il tedesco DLR, l’europea ESA, l’indiana ISRO, la giapponese JAXA, il sudcoreano KARI, la statunitense NASA, l’ucraina NKAU/NSAU e la russa Roscosmos.

Prima di analizzare questo documento, aggiungiamo che il CESS/ESSC considera che l’ESA debba:

  • sostenere il programma ExoMars e il suo contributo alla SGE/GES;

  • partecipare all’elaborazione di nuovi sistemi di allunaggio e di agganciamento agli asteroidi;

  • mettere a profitto la sua esperienza nel dominio dei voli umani, in particolare la sua partecipazione alle attività della stazione spaziale internazionale (ISS), in vista dei futuri voli spaziali con equipaggio.

Gli obiettivi di questo grande sogno diventano quindi tre: Luna, Marte e asteroidi.

La lettura del denso documento di presentazione della SGE/GES è d’ispirazione.

Esso introduce il tema dello spazio affermando: “Una delle caratteristiche umane fondamentali è una insaziabile curiosità che ci guida ad esplorare l’ignoto”; e ricorda come la nostra specie si sia spinta su continenti e oceani, sui poli ghiacciati, nelle profondità oceaniche e nell’alta atmosfera.

In seconda battuta enuncia l’ardito obiettivo: “Con crescente determinazione e volontà, risolviamo di esplorare i nostri compagni [di viaggio] più vicini, la Luna, Marte e gli asteroidi prossimi. Il nostro obiettivo non è una visita fugace; piuttosto la presenza umana sostenuta e, sul lungo periodo, auto-sufficiente oltre la Terra, grazie ad apripista robotici”.

Tale obiettivo è alla portata delle nazioni che intendano unire le proprie forze. Le sfide sono tante: stabilire sulla Luna una base di osservazione del cosmo e di lancio di razzi; esplorare approfonditamente Marte alla ricerca dei segreti dell’evoluzione della vita nel sistema solare e trattare Marte come rampa di lancio per spingersi verso i satelliti naturali dei pianeti come Giove e Saturno; sviluppare robot sempre più sofisticati per l’esplorazione di ambienti ostili, senza dimenticare però che un uomo porta con sé “l’ingenuità, la creatività e le abilità nel risolvere problemi” che mancano ad una macchina; determinare il massimo degli effetti benefici sul tessuto produttivo complessivo delle nazioni partecipanti; assicurare la pace internazionale; orientare i giovani verso impieghi che richiedono spirito di innovazione e creatività.

“Possibilità di questo genere”, dice il documento, “capitano di rado. La migrazione umana nello spazio è ancora nella sua infanzia. Per la maggior parte del tempo siamo rimasti a pochi chilometri sopra la superficie terrestre, non molto di più che fare un pic-nic nel giardino di casa. È ora di compiere il passo successivo”.

Nel primo capitolo si discute della dimensione internazionale della ricerca spaziale, ricordando recenti missioni come quella intitolata Huygens (esplorazione del sistema di Saturno e del satellite Titano) e quella battezzata Hayabusa, con cui abbiamo portato sulla Terra dei campioni di rocca dell’asteroide Itokawa.

La risposta alla pulsione umana di “esplorare, comprendere e usare” il mondo sarà da predisporre nella modalità in cui lo sviluppo di robot di servizio nelle operazioni degli astronauti permetta di “massimizzare il ritorno degli investimenti” per ciascuna nazione.

Un passaggio importante sarà quello di “creare congiuntamente un linguaggio comune dei ‘blocchi da costruzione’ dell’esplorazione”, per coinvolgere a vario titolo e senza dispendiose ridondanze nei singoli contributi le nazioni partecipanti.

I fini comuni dell’umanità nello spazio

Il secondo capitolo contiene le giustificazioni del programma di esplorazione spaziale.

La conoscenza dell’universo è, ovviamente, uno dei motivi fondamentali. Abbiamo bisogno, per esempio, di scoprire per quale motivo la composizione chimica superficiale della Terra è più simile a quella del Sole e dei giganti Giove e Saturno, che a quella dei pianeti rocciosi.

Abbiamo bisogno di studiare la Luna per capire l’origine del sistema solare e tenere d’occhio gli innumerevoli asteroidi che viaggiano intorno a noi. Ciò equivale a conoscere alcuni vincoli dell’esistenza della vita sul nostro pianeta. Siamo mortali sì, ma l’umanità intesa nella successione delle generazioni, ha interesse a sapere come tutelarsi da certi eventi, che – per quel che sospettiamo – in lontane ere portarono ad estinzioni di massa.

Abbiamo, quindi, tutto l’interesse a non comportarci come gli animali. Il documento cita lo scienziato Carl Sagan, il quale scherzosamente rimproverò i dinosauri di essere responsabili della propria estinzione per non aver sviluppato un programma spaziale.

Un altro tema assai importante, sul quale meno si riflette a causa delle ristrettezze economiche degli ultimi decenni, è quello della presenza umana nello spazio. Gli estensori del documento rispondono alla domanda: “Perche spedire uomini nello spazio? Perché non spedire soltanto dei robot?” Come anticipato, la risposta è la seguente: “Gli esseri umani hanno una capacità di prendere decisioni che li rendono in grado di reagire a situazioni impreviste, attingendo a conoscenze ed esperienze pregresse. Spedire uomini affinché vivano e lavorino nello spazio porta al pieno sfruttamento del capitale intellettuale e di ragione che solo essi possono esprimere. Un essere umano può individuare rapidamente una vite da stringere su un impianto di perforazione, mentre può essere necessario impiegare molte ore per programmare un robot perché faccia lo stesso, anche se esso è dotato di adeguati sensori. Siamo ben lontani dal disporre di robot che possano imitare gli uomini, anche in laboratorio”.

Qui ci accorgiamo che la fantascienza, pur avendo il merito di aver fatto sognare, dà talvolta delle illusioni.

Il documento passa ad esaminare le condizioni economiche e politiche della realizzazione del programma. Ricorda che “nel secolo passato i governi hanno alimentato le industrie principali, sia attraverso gli investimenti nelle infrastrutture, come ferrovie, autostrade e Internet, sia ponendosi come primo cliente di servizi come quello postale. Quegli invesimenti ora generano dei ritorni ai tesori nazionali sottoforma di tasse. I servizi offerti dalla nostra attività nello spazio stanno seguendo lo stesso modello”.

Per coinvolgere l’iniziativa privata nel modo più proficuo possibile, è necessario assicurare “un impegno di lungo periodo nell’esplorazione spaziale”, “introdurre le sue idee nei modi di ragionare degli esecutivi e nella legge”.

Sicuramente, fa notare d’altra parte il documento, “le sfide e i vincoli nella costruzione di oggetti nello spazio, stimolano le menti creative. Molte delle capacità produttive e delle tecnologie sviluppate per il programma spaziale probabilmente non sarebbero comparse in assenza del programma stesso, anche con uno stesso livello di investimenti”.

E passa in rassegna i temi delle ricadute tecnologiche, della collaborazione internazionale antitetica allo schema della guerra fredda, fino a esplicitare l’aspetto forse più strategico:

“Lo spirito di collaborazione migliorerà indirettamente la sicurezza globale, portando in rilievo un’attività pacifica e stimolante che possa unire le nazioni nel perseguimento dei fini comuni [dell’umanità]. Esso è inclusivo; l’obiettivo è espandere la possibilità di partecipare all’esplorazione spaziale a tutte le nazioni e ai loro cittadini”.

Lasciamo ai lettori la curiosità di sfogliare il resto del documento.

Quel che chiediamo loro è di prendere parte attivamente in questa battaglia per un futuro di prosperità, prodotto di un nuovo Rinascimento planetario.