All’indomani delle elezioni parlamentari ucraine del 26 ottobre, in cui un blocco filo-NATO che include diversi partiti neonazisti ha ottenuto la maggioranza, le provocazioni contro la Russia si sono intensificate al punto che l’economista e leader politico americano Lyndon LaRouche ha ammonito che potremmo trovarci vicini alla guerra mondiale. LaRouche ha sottolineato che un conflitto non è inevitabile, ma sono state create le precondizioni.

Il 29 ottobre il governo ucraino ha annunciato l’uscita dall’accordo di demarcazione che era stato firmato in settembre come parte dell’intesa di Minsk tra Kiev e le forze filorusse nelle regioni orientali di Donetsk e Lugansk. L’accordo stabiliva una fascia smilitarizzata di trenta chilometri e le condizioni per le elezioni locali da tenersi il 2 novembre.

I russi hanno immediatamente espresso preoccupazione sul pericolo incombente. Il viceministro degli Esteri Gennadij Gatilov ha chiesto all’ONU di lanciare una discussione sul risorgere del fascismo in Ucraina, citando ad esempio una manifestazione tenutasi all’inizio di ottobre con la partecipazione di migliaia di attivisti in commemorazione dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA), l’ala armata del movimento del collaborazionista nazista Bandera negli anni Trenta e Quaranta. Lo stesso Presidente Putin ha dichiarato il 28 ottobre che il mondo deve opporre “resistenza contro ogni tentativo di resuscitare l’ideologia nazista, fomentare l’odio etnico e falsificare la storia condivisa”.

Oltre ad annullare l’accordo di demarcazione, il governo ucraino, assieme agli USA e ad alcuni governi europei, ha chiesto l’annullamento delle elezioni a Donetsk e Lugansk. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si è unito all’appello, nonostante l’ONU avesse originalmente sostenuto l’accordo di Minsk.

Anche se ci sono stati segni di raffreddamento della crisi, tra cui l’accordo sul gas firmato da Russia, Ucraina e UE il 31 ottobre, le fazioni neonaziste radicali in Ucraina hanno minacciato apertamente il Presidente Petro Porošenko nel caso che egli rallenti il processo di integrazione con l’UE – e, implicitamente, con la NATO. Il capo del Battaglione Dnipro-1, una formazione neonazista promossa dall’oligarca Igor Kolomojskij, ha annunciato che dava sei mesi di tempo a Porošenko per soddisfare le sue richieste, pena un “golpe militare”. Lo stesso avvertimento è stato profferito dal Battaglione Azov, braccio militare del Settore di Destra, uno dei partiti neonazisti che, assieme, hanno conquistato circa il 12% dei voti alle elezioni.