Il 26 maggio la Svizzera si è bruscamente ritirata dalle trattative per l’accordo quadro con l’Unione europea, nel timore di una erosione della propria sovranità nazionale. La decisione è stata presa poco prima del referendum nazionale del 13 giugno sulla proposta di riduzione delle emissioni di gas serra, che aumenterebbe i prezzi dell’energia e di altri beni.

Il ritiro è visto come l’ennesimo fallimento della sprovveduta presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. I negoziati per un nuovo accordo tra la Svizzera e l’UE sono in corso dal 2014. La bozza di accordo era stata completata nel 2018, ma la sua finalizzazione è fallita a causa di questioni chiave che riguardano la sovranità svizzera.

Con il pretesto di creare “parità di condizioni”, Bruxelles ha preteso che la Svizzera adottasse la direttiva dell’UE sulla libera circolazione, che avrebbe dato ai cittadini dell’UE un accesso incontrollato al mercato del lavoro svizzero, alle stesse condizioni dei paesi membri. Si temeva che questo avrebbe portato al “dumping salariale” e alla pratica di assumere lavoratori transfrontalieri con contratti stranieri. Inoltre, gli svizzeri dovrebbero rinunciare ad alcune delle leggi di salvaguardia del lavoro che non sono valide nei paesi dell’UE.

I cittadini svizzeri hanno generalmente un sistema migliore di protezione sociale e redditi più alti rispetto a quelli dell’UE, perché il loro costo della vita è più alto. Secondo gli accordi attuali, i cittadini dei paesi dell’UE possono risiedere in Svizzera solo se hanno un lavoro o altre fonti di reddito. Mentre attualmente ci sono 1,4 milioni di cittadini dell’UE che vivono in Svizzera, su una popolazione totale di 8,5 milioni, solo 450.000 cittadini elvetici risiedono nei paesi dell’UE.

Un’altra questione chiave riguarda la legislazione. Secondo il progetto di trattato, gli svizzeri dovrebbero modificare la loro legislazione per adeguarsi a quella adottata dall’UE. Di conseguenza, i cittadini svizzeri dovrebbero rinunciare al sistema di “democrazia diretta”, che dà loro il diritto di ottenere un referendum su qualsiasi legge, purché un numero sufficiente di cittadini lo richieda. Inoltre, l’UE esige che gli svizzeri accettino le sentenze della Corte europea: anche questa viene considerata una condizione inaccettabile.

Anche se molte persone associano la Svizzera principalmente al segreto bancario e al basso regime fiscale, questi temi sono stati risolti in accordi separati molti anni fa. La vera questione oggi è la sovranità.

“Gli svizzeri vorrebbero essere parte dell’UE economicamente, ma non vogliono esserlo politicamente”, afferma Laurent Goetschel (foto), direttore del centro studi Swisspeace e docente di scienze politiche all’Università di Basilea. Egli ritiene che il governo svizzero sia convinto che il trattato proposto verrebbe respinto dai cittadini in un referendum e che si sia ritirato per questo.

Sullo sfondo c’è il referendum sulla “Legge sulla CO₂” che si terrà il 13 giugno. C’è una grande mobilitazione, sia da parte dei liberali, che del Partito Popolare Svizzero e degli industriali, per non far approvare la legge. Una sconfitta sarebbe la prima del genere in Europa.