L’improvvisa fiammata tra India e Pakistan non poteva avvenire in un momento più pericoloso. Le due potenze nucleari asiatiche sono impegnate in una guerra di parole, mobilitano le truppe e lucidano i missili. Allo stesso tempo, l’Ucraina lancia minacce terroristiche contro Mosca e Netanyahu ha annunciato l’intenzione di usare l’esercito per conquistare tutta Gaza, con l’ovvio intento di fare pulizia etnica di tutti i palestinesi. Cinesi, russi e iraniani, con altre nazioni del Sud globale, sono impegnati in urgenti iniziative diplomatiche per raffreddare la situazione.
Il grande interrogativo è: che cosa stanno facendo gli Stati Uniti, ex egemone unico, per raffreddare la situazione? Che cosa sta facendo l’autoproclamato pacificatore Donald Trump? E che cosa stanno facendo gli ex cosiddetti alleati democratici degli Stati Uniti nell’Unione Europea per cercare una soluzione pacifica nelle zone di crisi?
L’Europa è presto liquidata: sotto la direzione del britannico Starmer, del francese Macron e di una squadra di guerrafondai sprovveduti come Von der Leyen e Kallas, essa chiede a gran voce un riarmo di oltre mille miliardi di euro per combattere la Russia, anche se le economie dei membri UE si stanno rapidamente deindustrializzando e le infrastrutture crollano – vedasi il blackout della penisola iberica della scorsa settimana quale esempio di incompetenza economica ed energetica – e c’è una crescente ribellione tra i cittadini. Perdipiù, i leader dell’UE hanno rifiutato di partecipare alla celebrazione della sconfitta dei nazisti ottant’anni fa e si stanno invece unendo ai nazisti banderisti in Ucraina.
Il vero rompicapo sono gli Stati Uniti. Da un lato, Trump continua a cercare la normalizzazione con Mosca e l’inviato Steve Witkoff continua i colloqui con Putin e la sua squadra. In assenza di una rapida soluzione, in gran parte bloccata dalla resistenza dell’Europa e dal rifiuto di Zelensky di un cessate il fuoco dal 7 al 10 maggio, Trump si è sfogato su Putin, ignorando il vero problema, ovvero il pieno sostegno dei guerrafondai multinazionali a Zelensky, il quale addirittura minaccia un attacco terroristico alla parata del 9 maggio a Mosca.
Per quanto riguarda Netanyahu, Trump ha in parte messo un freno ai tifosi del leader israeliano nella sua squadra di sicurezza nazionale, licenziando Mike Waltz per la sua palese fraternizzazione con Bibi. Ha inoltre dichiarato che gli Stati Uniti non avrebbero appoggiato un attacco israeliano alle strutture nucleari iraniane. Eppure, quando lunedì il gabinetto israeliano ha annunciato l’intenzione di conquistare militarmente l’intero territorio di Gaza e di rimanervi a tempo indeterminato, continuando un blocco totale degli aiuti che produce fame e malattie diffuse, Trump non ha protestato. Inoltre, nel bel mezzo dei fragili negoziati per un nuovo accordo nucleare con l’Iran, il Presidente americano si è orientato verso la posizione estrema di non permettere a Teheran l’arricchimento nucleare per usi pacifici, rendendo più difficile il raggiungimento di un compromesso.
Trump deve fare una cosa: interrompere il flusso di armi e aiuti a Zelensky e Netanyahu, e licenziare tutti i neoconservatori nella sua amministrazione che antepongono il sostegno all’Ucraina e a Israele a un serio impegno per la pace. Marjorie Taylor Green, una delle più forti sostenitrici di Trump, lo ha avvertito che la base lo abbandonerà se non manterrà la promessa di porre fine alle guerre permanenti, e non è la sola. Questo primo passo deve essere accompagnato da un’immediata consultazione di persona con Putin e Xi Jinping, per consolidare l’allontanamento dal collassante ordine unipolare, verso una nuova architettura strategica e di sviluppo. Tale vertice fornirebbe anche una base per raggiungere un accordo comune sulla sostituzione dell’attuale sistema globalista in crisi, senza esacerbare le tensioni con l’imposizione arbitraria di dazi doganali.
Questo passaggio sarebbe di molto facilitato se il Presidente si impegnasse con la sua amministrazione a studiare la bozza di Helga Zepp-LaRouche dei Dieci principi di un nuovo paradigma internazionale di sicurezza e sviluppo (https://schillerinstitute.com/blog/2022/11/30/ten-principles-of-a-new-international-security-and-development-architecture/) che costituiscono un approccio ad un chiaro percorso verso una pace sostenibile, incentivata dal reciproco vantaggio.
Questi temi saranno approfonditi nella conferenza dello Schiller Institute del 24-25 maggio, intitolata “Una visione per l’umanità in tempi di grandi turbolenze”. Il programma preliminare è pubblicato sul sito, dove ci si può registrare per la conferenza: https://schillerinstitute.com/blog/2025/03/01.