Il 19 febbraio la Corte internazionale di giustizia ha aperto una settimana di udienze sulla richiesta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di un parere consultivo sulle “pratiche israeliane che incidono sui diritti umani del popolo palestinese nei territori occupati, compresa Gerusalemme Est”. Questo caso fa seguito alla richiesta presentata nel dicembre 2022 ed è indipendente dalla denuncia presentata dal Sudafrica che accusa Israele di genocidio. Il primo giorno dell’udienza sono stati ascoltati i rappresentanti della Palestina, a partire dal Ministro degli Esteri Riyad al-Maliki (https://www.icj-cij.org/multimedia/203577) (foto).
Le testimonianze dei vari oratori hanno chiarito in modo inequivocabile che i diritti umani del popolo palestinese sono brutalmente violati e repressi da decenni, fino all’orrore indicibile che si sta svolgendo oggi a Gaza. Lawers for Palestine ha sottolineato che l’occupazione della Palestina non solo è illegale, ma è diventata permanente, tanto che, secondo ogni misura, i cosiddetti “territori occupati” sono stati in realtà annessi.
Nel corso della settimana, 52 Stati e tre organizzazioni internazionali (Lega Araba, OCI, Unione Africana) dovrebbero testimoniare oralmente. Israele non parteciperà e ha definito l’intera procedura “spregevole” e “vergognosa”. Riporteremo i punti salienti del procedimento nel prossimo numero.
Oltre a questo caso, il 15 febbraio la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso una sentenza su un reclamo d’emergenza presentato tre giorni prima dal Sudafrica contro il governo Netanyahu, chiedendo alla Corte di adottare misure aggiuntive per impedire il massacro a Rafah. La sentenza afferma che le misure che la CIG ha ordinato di adottare il 26 gennaio sono sufficienti e devono essere attuate pienamente. Israele ha risposto a questa seconda richiesta definendo il Sudafrica “alleato dei terroristi di Hamas” e negando qualsiasi violazione del diritto umanitario a Gaza.
Due giorni dopo, l’Algeria, che attualmente è membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha stilato una nuova risoluzione per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, chiedendo un immediato cessate-il-fuoco umanitario e il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi. Ma l’ambasciatore statunitense Thomas-Greenfield ha immediatamente dichiarato che avrebbe posto il veto anche su una risoluzione così moderata.
L’Amministrazione Biden ha presentato un altro testo in cui si chiede un cessate-il-fuoco “il prima possibile” – una vera presa in giro. Washington non ha mai esercitato pressioni vere, minacciando di tagliare le forniture di armi e gli aiuti a Israele se le uccisioni e le distruzioni dovessero continuare. Tuttavia, afferma di sostenere la soluzione dei due Stati e di lavorare con l’Arabia Saudita per un accordo sugli ostaggi che includa anche una tempistica definita per la creazione di uno Stato palestinese. Il gabinetto di Benjamin Netanyahu ha prontamente respinto senza mezzi termini tali “diktat internazionali” riguardo a una soluzione.