Il Royal Institute of International Affairs (Chatham House) promuove conflitti geopolitici fin dalla sua creazione all’indomani della prima guerra mondiale. La seguente lista preliminare evidenzia come si sia apertamente adoperato per il cambiamento di regime a Minsk.
1. Un documento pubblicato nel marzo 2017 proclamava che l’UE e la Nato “devono essere pienamente preparate per quando la Bielorussia dovrà scegliere tra Est e Ovest”. Due mesi dopo, un documento di ricerca sulla debolezza dell’Unione Economica Eurasiatica, di cui fa parte la Bielorussia, identificava la probabilità di future proteste popolari contro il governo Lukashenko.
2. Il 25 novembre 2019 si è tenuta una conferenza intitolata “Sta cambiando qualcosa in Bielorussia?”
3. Il 30 luglio 2020, prima delle elezioni, The Economist (portavoce della City) titolava “Il modo giusto per liberarsi del Presidente Lukashenko”.
4. Dopo le elezioni, il 12 agosto scorso, si è tenuto un forum a Chatham House sul tema “Bielorussia: è ora di giocare duro”.
5. Il 10 settembre scorso l’organo di Chatham House ospitava un commento che era una ricetta per il cambiamento di regime, intitolato “Sette modi in cui l’Occidente può aiutare la Bielorussia”. L’articolo delineava “i passi chiave che i governi, le istituzioni internazionali e le ONG possono fare per porre fine alle sofferenze del popolo bielorusso”. Questi passi rispecchiano l’operazione che fu lanciata in Ucraina nel febbraio 2014, culminata nel “golpe del Maidan”. Si comincia con il non riconoscimento di Lukashenko, per poi passare alla “presenza sul campo”, come nel caso di Victoria Nuland e dei vari politici europei a Kiev; poi si offre un pacchetto di “sostegno economico” (come quello del FMI che ha devastato l’economia ucraina) ed infine, si adottano “sanzioni politiche ed economiche”. Queste ultime misure mettono in risalto l’ipocrisia del piano, che prima sostiene di voler “porre fine alle sofferenze” del popolo e poi raccomanda le sanzioni.
6. L’11 settembre Chatham House ha indetto una tavola rotonda intitolata “uno sguardo più approfondito sulle proteste in Bielorussia” e
7. Il 29 settembre un seminario intitolato “Crisi in Bielorussia: che cosa è in gioco?”.