di Carlos Valdivieso

L’11, 12 e 13 agosto si è tenuto il Primo Roncole Festival in onore del maestro Giuseppe Verdi, tre serate di concerti con musica e cultura verdiana, arie, romanze, duetti e cori davanti alla casa natale del grande Maestro.

L’evento è interessante di per sé, perché propone Verdi nella sua terra natia e per l’obiettivo di autofinanziamento della musica colta che, nell’arido sistema attuale in cui la cultura viene sempre più lasciata a sé stessa, è un merito implicito.

Ma il festival riveste un’importanza ancora maggiore dal punto di vista storico, filosofico e scientifico per l’intonazione in cui è stato eseguito: il famoso diapason scientifico o «La verdiano», a 432 Hz (mentre quello odierno è 444-448 Hz), voluta e promossa fortemente da Verdi nel 1884.

Verdi, come altri musicisti e scienziati dell’epoca, sapeva che questa intonazione era in armonia sia con le leggi dell’universo fisico che con gli esseri umani che la percepiscono (oggi molti ricercatori affermano che esista una relazione tra essa ed il fenomeno della risonanza di Schumann). A riguardo Verdi scrisse nel 1884 una lettera indirizzata alla Commissione musicale del governo italiano, in cui chiese di ufficializzare l’utilizzo del corista (diapason) a 432 Hz aggiungendo la frase “per esigenze matematiche” ed ottenne un decreto legge che normalizzava il diapason ad un LA di 432 oscillazioni al secondo. Della stessa opinione di Verdi erano i fisici Sauveur, Meerens, Savart e gli scienziati italiani Montanelli e Grassi Landi e grazie al loro parere favorevole fu approvato il decreto che stabiliva questo “diapason scientifico”.

In passato il diapason variava a seconda del luogo e dalla scuola musicale ma grazie a fisici come Joseph Sauveur, contemporaneo di J.S.Bach, che sviluppò un metodo tecnico per determinare l’esatta intonazione di una nota espressa in cicli per secondo ed Ernst Chladni, che, qualche decennio dopo, definì il do a 256 hertz come un’intonazione scientifica, si capì che l’accordatura non doveva essere arbitraria bensì armonica.

La corsa all’acuto iniziò al tempo delle bande militari russe e austriache ai tempi di Wagner (con un diapason da 440 Hz a 450 Hz), frutto di un’analisi delle reazioni che il suono suscita in chi lo percepisce e una ricerca nella brillantezza del suono. Poi, nel 1939, fu la volta del ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels che impose il diapason a 440 Hz, senza nessun criterio scientifico e nonostante un referendum francese di 25.000 musicisti contrari a questa scelta. Successivamente, a Londra, venne fissata per praticità e sempre convenzionalmente tale misura a 440 Hz. A tutt’oggi la maggior parte dei musicisti occidentali usa questo tipo d’intonazione arbitraria.

Ecco dunque l’importanza di questo piccolo grande Festival, che apre la possibilità al dialogo ed alla riflessione se sia giusto usare un diapason arbitrario e convenzionale che cerca solo la brillantezza nel suono, oppure tornare ad un diapason naturale, che migliora il colore della musica facilitando il canto naturale ed in armonia con le leggi della fisica.

Lo Schiller Institute e MoviSol si battono per il ritorno al La verdiano fin dall’aprile 1988, quando si tenne a Milano, alla Casa Verdi, la prima conferenza sul “diapason scientifico”, e la petizione dello Schiller fu sottoscritta da oltre duemila musicisti in tutto il mondo, tra cui stelle della lirica quali Piero Cappuccilli, che alla Casa Verdi diede il primo esempio nelle due accordature, Carlo Bergonzi, Placido Domingo, Montserrat Caballé, Alfredo Kraus, Mirella Freni, ed ispirò un disegno di legge al Parlamento italiano, in cui si chiedeva la “normalizzazione dell’intonazione di base degli strumenti musicali”.

L’intervista al Maestro Frontalini

A dirigere la Roncole Verdi Orchestra era il Maestro Silvano Frontalini, profondo conoscitore di Verdi, promotore del festival e soprattutto deciso sostenitore del diapason verdiano. Noi di MoviSol lo abbiamo intervistato a conclusione del concerto.

MoviSol: Innanzitutto grazie maestro per averci dato queste tre belle serate! Per prima cosa volevamo sapere, come nasce l’idea del festival e come siete riusciti a metterlo in atto?

Frontalini: questo festival nasce dalla disoccupazione dei musicisti che non hanno più lavoro, sono andati in miseria e dicono “che cosa facciamo? cambiamo lavoro? andiamo a fare i camerieri? ci suicidiamo?”. Quindi ci siamo detti, troviamoci il lavoro da soli! Ci siamo organizzati, abbiamo parlato con gli enti pubblici e abbiamo detto “fateci fare gli spettacoli, viviamo solo con i biglietti e qualche sponsor privato sul territorio se lo troviamo, non chiediamo un euro al Comune”. E infatti non ci hanno dato neanche un euro. Ho chiesto pure il patrocinio gratuito del ministero e nemmeno ci hanno risposto, siamo abbandonati in mezzo alla giungla, abbandonati… ma nonostante tutto devo dire che siamo riusciti a creare un festival che un ente lirico se lo sogna.

MoviSol: quindi si può dire che nasce dall’amore per la musica e dal volontariato?

Frontalini: sì, dal volontariato dei musicisti e di alcune persone a cui ci siamo rivolti che ci hanno aiutato, anche perché da soli non avremmo potuto farcela. Io ho dato tutte le direttive su come muoverci e sul posto abbiamo trovato un’associazione che ci ha creduto. Così è nato il festival, senza un soldo. Mi hanno ascoltato perché dicevo sempre “volete fare un festival a costo zero?” aggiungevo subito “a costo zero”, perché se non dicevo “a costo zero” mi avrebbero detto “ma no, non abbiamo i soldi, non possiamo, e via dicendo”. Solo così ci hanno dato la possibilità di farlo. Il Comune ha messo a disposizione solo la struttura.

MoviSol: parliamo un po’ del La a 432Hz o La verdiano. Da dove nasce l’idea di questa particolare intonazione?

Frontalini: l’idea è mia, so che esistevano problemi ma mi son detto, siamo piccoli, non ci conosce nessuno e andiamo a fare un concerto con le solite arie che eseguono in tutto il mondo, quindi dobbiamo trovare un’invenzione che ci distingua da tutti gli altri, e ho trovato che il 432Hz era una idea buona perché nessuno l’ha fatto nel mondo. Devo dire che però non siamo ancora arrivati a 432Hz ma al 435Hz, ma l’obiettivo resta il 432 Hz. Ci sono degli studi di ‘musicoterapia’ che dimostrano che la musica fatta col 432Hz produce dei benefici fisici…

MoviSol: ma perché non si è riusciti ad arrivare al 432Hz, quali sono state le difficoltà fisiche con gli strumenti?

Frontalini: perché ci vogliono i soldi. Dobbiamo comprare due oboe, due fagotti e due flauti barocchi e andiamo sui 20-25 mila euro di spesa, oppure prenderli a noleggio ma ti chiedono mille euro al giorno. Gli archi e gli ottoni non hanno nessun problema ad abbassare l’accordatura, basta tirare le ‘canne’, invece i flauti sì. Con gli oboe e fagotti ci eravamo riusciti creando le ance più lunghe, invece col flauto non ci si riesce perché oggi le ditte moderne li costruiscono con lo standard a 440Hz e se tu li porti a 432Hz perdi poi l’intonazione nelle note acute e in altre note. Avremmo fatto una cacofonia, con un flauto che è mezzo tono sotto o sopra, quindi non era possibile. Ma intanto questa idea del 432Hz ha mosso qualche cosa, perché ho l’invito da una serie di comuni, qui della zona, per fare un studio sul 432Hz per veder se si può fare.

MoviSol: facendo l’avvocato del diavolo, i detrattori dell’intonazione verdiana sostengono che con una accordatura più alta il suono sia più brillante, più brioso. Che cosa ne pensa?

Frontalini: Io sono dell’idea di Verdi, anche Verdi veniva contestato quando voleva il 432Hz, dicendo che con il diapason più basso la musica è meno scintillante (ed è vero) e che la musica è più sdolcinata (e non è vero). Verdi diceva che se l’intonazione è più bassa si gusta di più il colore del suono, si può costruire il colore del suono, l’impasto del suono si costruisce meglio. Un musicista lo può capire, gli altri un po’ meno. E non è vero che è sdolcinata, anzi, ne guadagna la musicalità.

MoviSol: una curiosità: dato che lei è un ricercatore di inediti, quali pezzi ha scovato per il festival?

Frontalini: c’era un ‘Ave Maria’ di Verdi, tratta da Dante, che però non è proprio inedita perché io la registrai già 15 anni fa ma non la conosce nessuno, diciamo che era una ripresa moderna di quest’Ave Maria, ma purtroppo non l’abbiamo potuta eseguire perché il soprano che la doveva cantare era completamente afona, e con l’afonia non si può cantare. Però il prossimo anno ho intenzione di presentare qualcosa d’inedito di Verdi, c’è un concerto per fagotto e orchestra, c’è un ‘Tantum Ergo’, pure scoperto inedito di Verdi e poi, sempre il prossimo anno, vogliamo rivalutare la figura di Emanuele Muzio, che era l’unico studente che aveva Verdi, che quando Verdi dirigeva la ‘Messa da Requiem’ o le opere, perché andava a dirigere Verdi, ma dirigeva solo la prima, alle repliche si portava Muzio e le faceva dirigere a lui. Era di Zibello, un comune qui vicino. Quindi il prossimo anno lo proporremo, non un’opera perché è troppo difficile, ma qualcosa del suo repertorio. Lui era un compositore, ha scritto 5 opere ed era un direttore d’orchestra che andava per la maggiore in quel periodo, e ha scritto 5 opere liriche intere. “La cieca di Sorrento” viene considerato il suo capolavoro, io cerco di estrapolare delle arie per tenore, per soprano, vedo la partitura e prendo quelle più interessanti per metterle nel festival del prossimo anno, iniziando una rivalutazione del musicista Muzio.

MoviSol: che ne pensa dal fatto che lo Stato italiano, pur essendo la patria del belcanto e della lirica, non patrocini importanti eventi come questo anche se il ministro Franceschini ha dichiarato che “la cultura è la nostra vocazione”, ma poi chiudono oltre 60 orchestre?

Frontalini: lei mi sta provocando, mi sta provocando (ride). Mi ha chiamato la Commissione Cultura del Senato del M5S per proporre la riforma della musica in Italia, l’ho proposta la mia riforma e mi hanno detto che è troppo drastica. Poi ci dicono che andiamo sui tetti a protestare. Ed è caduta così, quindi con questa frase ho detto tutto.

In sintesi, i soldi che lo stato spende per la musica dovrebbero andare a finanziare solo la struttura esistente perché non possiamo creare disoccupazione, ci sarebbe da eliminare alcuni orchestre o alcuni teatri però non possiamo farlo perché si creerebbe un problema sociale di disoccupazione, quindi i soldi dello Stato vanno solo a finanziare la struttura, ovvero orchestra, cori, tecnici. Tutto il resto, come i solisti che prendono 10-15 mila euro a spettacolo o i direttori che ne prendono 20-25 mila, sono carico dell’ente locale, e vedrai che l’ente locale non li chiama più.

MoviSol: come fare per riuscire a conquistare di nuovo i giovani verso la musica classica visto che sono stati tartassati e bombardati da decenni di musica leggera, pop, rock, ecc?

Frontalini: lei sta chiedendo questo all’ultima ruota del carro, se io fossi in una posizione più elevata mi sarei adoperato ma io non conto niente. Le dirò le mie soluzioni quali sarebbero: primo, l’insegnamento della musica dall’asilo fino all’università; fino all’università bisogna insegnare musica, a tutti i gradi sociali, come nei paesi più avanzati, come succede in Germania ad esempio e in altri paesi. Da noi si fa solo tre anni nella scuola media, che è già tardi!

Secondo, noi in questo festival abbiamo messo il prezzo da trenta a dieci euro per qualsiasi tipo di studente, il prezzo più basso per invogliarli, e io volevo fare un’operazione che non è stata possibile, perché in un certo senso abbiamo iniziato tardi, ed era andar nelle scuole e dire “la famiglia che viene al festival, padre, madre e figli, paga tre euro l’uno”. In questo modo avrei portato mille studenti, mille persone per sera con questo metodo che avevo già sperimentato in un altra parte d’Italia e ha funzionato. Però ci vuole tempo. L’anno prossimo punteremo su questo. E’ così che il ragazzino di 10-11 anni, che va col padre, con la madre, si abitua alla lirica, altrimenti non si abituerà mai. Anche perché c’è tutta questa disinformazione della musica leggera, che io quando la sento dico “chiudete che odio la musica”. Ma effettivamente se vai a guardare con uno spirito obiettivo la musica classica è una cosa nobile e colta, quella leggera è un sottoprodotto del sottoprodotto del sottoprodotto. Purtroppo non c’è cultura e a molta gente oggi piace quella.

MoviSol: Bene a nome di MoviSol e dello Schiller Institute la ringrazio del suo tempo, ci si vede l’anno prossimo ancora qui… grazie ancora!

Frontalini: Prego, grazie a voi e arrivederci!

Inoltre, abbiamo chiesto ad alcuni cantanti, sia soprani che tenori e baritoni, come si trovassero a cantare con l’intonazione più bassa, ed è interessante notare come tutti, fondamentalmente, ci abbiano risposto allo stesso modo: si sentono molto più agevolati nel canto in generale ma soprattutto negli acuti e nei passaggi di registro. A dimostrazione che un’intonazione più bassa consente quel suono che Verdi definiva “più maestoso, rispetto agli strilli di un corista troppo acuto” ed è più in sintonia col primo strumento musicale: la voce umana. Come sostiene LaRouche in un video dello Schiller Institute dedicato al La verdiano “la musica classica si basa sulla voce umana cantata” e sono gli strumenti che devono adeguarsi alla voce umana ed ai suoi registri, non il contrario.

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