Dopo un lungo e acceso dibattito sul bisogno di separare le banche per meglio proteggere i contribuenti e l’economia reale, avviato dalla campagna presidenziale di Jacques Cheminade nel 2012, l’Assemblea Nazionale francese votò, nel 2013, una riforma bancaria che non è altro che aria fritta. Alla fine, la cosiddetta “riforma Moscovici”, dal nome del ministro del Tesoro, prescrive alle banche di isolare solo un ridicolo due per cento delle attività di trading finanziario.


 

Da allora, i frondisti del PSF, che lo scorso autunno si sono apertamente rivoltati contro Hollande, hanno promesso di rimettere sul tavolo la proposta di Glass-Steagall, ma ancora non si sono mossi.

Tuttavia, anche se il dibattito pubblico sul tema è scemato, le élites francesi sono ben consapevoli del fatto che il problema delle banche”too big to fail” deve essere prima o poi risolto, come indica un articolo dell’ex direttore del gruppo BNP Paribas Bernard Allorent. Il pezzo è stato posto sul sito del Nouvel Ecoministe.fr il 18 dicembre, sotto il titolo “Non etico conflitto di interessi, il male del secolo”.


Allorent osserva che una banca dovrebbe difendere gli interessi dei clienti, ma che succede quando la banca difende i propri interessi e questi sono in diretto contrasto con quelli dei clienti? La legge Glass-Steagall del 1933, scrive, separò le attività delle banche ordinarie da quelle d’affari. “Ciò non eliminò il conflitto d’interessi, ma ne limitò la natura e le dimensioni”, compreso”l’insider trading”.


Dopo che la lobby bancaria ottenne l’abolizione di Glass-Steagall nel 1999, nota Allorent, ci furono numerose fusioni tra banche commerciali, banche d’affari e imprese assicurative, che reintrodussero il problema del conflitto d’interessi, in cui una banca consiglia ai clienti di investire in imprese a cui la banca stessa presta soldi o di cui è azionista.


Allorent propone di reintrodurre un sistema bancario sano, una cosa che deve essere fatta a livello internazionale e usando i criteri di Glass-Steagall.