Il secondo Belt and Road Forum per la Cooperazione Internazionale tenutosi a Pechino dal 25 al 27 aprile ha consolidato quella che è diventata la maggiore iniziativa per le infrastrutture e la connettività nella storia moderna. Circa centocinquanta Paesi, tra cui 37 capi di stato e di governo, e novanta organizzazioni internazionali hanno partecipato all’evento, oltre a migliaia di imprese. Oltre alla cifra politica del Forum, sono stati conclusi accordi per un valore di 64 miliardi di dollari e sono stati avviati numerosi progetti futuri in una atmosfera di ottimismo.

Nel discorso di apertura, il Presidente cinese Xi Jinping ha auspicato “un futuro ancor più brillante” di cooperazione nella cornice della Belt and Road. Lo scopo, ha detto, è di affrontare assieme le sfide e i rischi che confrontano l’umanità e ottenere “risultati win-win e sviluppo comune”.

Xi ha presentato anche una lista di importanti passi che la Cina ha deciso di intraprendere come parte della strategia di apertura, che assomiglia molto ad alcuni aspetti dell’accordo commerciale che sta negoziando con Trump e che sembra essere sulla dirittura d’arrivo. Essi riflettono anche gli elementi discussi a Roma col Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte.

Al termine della tavola rotonda con i 37 capi di stato e di governo è stato emesso un comunicato che include una lista di progetti e corridoi di sviluppo in via di costruzione nella Belt and Road Initiative. Uno di essi è il “Nuovo Ponte Eurasiatico”, progetto portato avanti da almeno trent’anni da Lyndon e Helga LaRouche.
Il Presidente russo Vladimir Putin è stato l’ospite d’onore al Forum, seduto accanto a Xi nel corso della Tavola Rotonda. Putin ha appoggiato completamente i progetti cinesi a lungo termine, i quali, come ha detto, corrispondono “assolutamente” agli interessi russi, e auspicato una maggiore cooperazione tra l’Unione Economica Eurasiatica e la Belt and Road Initiative.

Xi Jinping ha colto l’occasione per ribadire l’appello di adesione alla Nuova Via della Seta ai Paesi che non l’hanno ancora fatto, sottolineandone l’assenza di condizioni ideologiche o geopolitiche.