Il laboratorio di fisica del plasma di Princeton ha sviluppato un metodo per impiegare un plasma a bassa temperatura per separare gli elementi contenuti nelle cosiddette “scorie nucleari”.

Pur essendo stato ideato per trattare il materiale altamente radioattivo, principalmente il plutonio, conservato negli specifici depositi perché non impiegato nella produzione di armi nucleari, questo procedimento potrebbe essere applicato alla trattazione dei residui delle reazioni delle centrali nucleari.

Il processo è denominato “filtraggio di massa al plasma” ed è descritto come più efficiente, e dunque meno costoso, della separazione con metodi chimici, quelli impiegati nelle nazioni che riciclano le “scorie”.

L’idea consiste in due fasi: inizialmente si scalda e ionizza il materiale radioattivo “di scarto”, fino a renderlo un plasma; quindi lo si pone a centrifugare in modo che gli elementi vengano soggetti all’influenza di campi elettrici e magnetici, che è differente per ogni ione. Gli elementi (isotopi) più leggeri (cioè in generale quelli non radioattivi come l’alluminio) vengono quindi separati dai più pesanti, radioattivi. La separazione ha luogo in funzione della massa atomica, senza badare all’aspetto chimico.

Questo processo riduce enormemente il volume del materiale da conservare nei depositi di sicurezza.

“La cosa interessante nella nostra idea di separazione secondo la massa è che si tratta di una specie di confinamento magnetico, cioè di qualcosa che si inserisce perfettamente nella tradizione di questo laboratorio”, afferma Nathaniel Fisch, uno degli scienziati che lo stanno sviluppando. Egli ha descritto il processo come “confinamento magnetico differenziale” poiché “alcune specie sono confinate mentre altre vengono presto perdute”, cioè separate.

Il laboratorio precisa che non si tratta di una nuova idea, anche se non cita il lavoro pionieristico di Bernard Eastlund e William Gough degli anni Sessanta, documentato in passato dalla rivista scientifica Fusion del movimento di LaRouche in America. Cita tuttavia il lavoro più recente, svolto dal “fusionista” di General Atomics Tihito Ohkawa, il quale avviò la società Archimedes Technology Group per sviluppare proprio questo processo. Ohkawa non riuscì a ottenere un finanziamento federale e dovette chiudere nel 2006. La ricerca è presentata in un articolo del numero di ottobre del Journal of Hazardous Materials [Giornale dei Materiali Pericolosi].