Il 10 dicembre, al Forum di Doha in Qatar, il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha lanciato un altro drammatico appello per un immediato cessate il fuoco a Gaza. Ciò ha fatto seguito alla scandalosa decisione degli Stati Uniti di porre il veto (unico Paese a farlo, mentre il Regno Unito si è astenuto), due giorni prima, ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che lo richiedeva. Guterres ha risposto a quel voto dicendo che “purtroppo il Consiglio di Sicurezza non è riuscito a farlo, ma questo non lo rende meno necessario. Quindi, posso promettere che non mi arrenderò”.
L’11 dicembre, i rappresentanti di dodici dei quindici membri attuali del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si sono recati al valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto, per vedere con i propri occhi le orribili condizioni in cui versa la zona a causa dei bombardamenti di Gaza sostenuti dagli Stati Uniti. Un giorno dopo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si è riunita in una sessione d’emergenza per discutere una nuova risoluzione che chieda un cessate il fuoco immediato, presentata da Egitto e Mauritania e sostenuta da almeno 103 altri paesi.
Sta aumentando la pressione internazionale per costringere gli USA a cambiare linea. Negli stessi Stati Uniti, l’opposizione al governo Netanyahu sta crescendo, alimentata anche dallo Schiller Institute. Un gran numero di organizzazioni ebraiche, oltre alle associazioni contro la guerra, si sono mobilitate e hanno messo in atto alcune spettacolari azioni di protesta.
I cinesi stanno tessendo alacremente, ma con discrezione, la tela per una conferenza internazionale di pace per l’intera Asia sud-occidentale, che sembra essere l’iniziativa più promettente intrapresa finora. La conferenza comprenderebbe la partecipazione di Russia e Stati Uniti.
Quasi tutto il mondo – tranne il governo Netanyahu e i britannici, ovviamente – è schierato contro il governo statunitense su questo tema, e a ragione. Israele, proprio come l’Ucraina, viene usato come pedina per cercare di rafforzare il morente “ordine mondiale unipolare”, ma sta accadendo il contrario.
Mentre possono servire al famigerato “complesso militare-industriale” e sembrano (sembrano!) sostenere le economie occidentali, le guerre non impediranno l’inevitabile collasso del sistema finanziario transatlantico. Un’economia di guerra, come dimostrò l’economia schachtiana, è destinata alla sconfitta. Pertanto, Gaza potrebbe rivelarsi la goccia che fa traboccare il vaso dell’ordine unipolare.
La rivolta del Sud globale, meglio definita come Maggioranza globale, sta diventando molto più aperta e ampia. Lo ha dimostrato, a suo modo e per vari motivi, la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che si sta concludendo a Dubai, dove è stato inferto un duro colpo al “grande reset”.