Al centro delle crescenti tensioni tra Washington e Mosca sull’Ucraina, c’è la richiesta, da parte del presidente Putin, che gli Stati Uniti e la NATO firmino trattati legalmente vincolanti che garantiscano la sicurezza della Russia. Non è una questione nuova, ma risale ai colloqui del febbraio 1990, quando l’allora Segretario di Stato americano James Baker promise che non ci sarebbe stato “neanche un centimetro” di espansione da parte della NATO verso est, in cambio dell’accettazione da parte dei sovietici della riunificazione della Germania. Gli Stati Uniti e la NATO hanno infranto questa promessa ripetutamente e negli ultimi trent’anni la NATO si è spostata di mille chilometri verso est, fino ai confini della Russia.
La promessa fatta all’Ucraina che sarebbe stata fatta entrare un giorno nella NATO e la prospettiva di stanziarvi, anche prima di allora, armamenti avanzati hanno rafforzato la decisione di Putin di imporre il tema di un nuovo trattato. Il dispiegamento in Ucraina di missili possibilmente nucleari, in grado colpire Mosca in 4 o 5 minuti, è una chiara “linea rossa” per il Cremlino. Per Putin, l’adesione di Kiev alla NATO non è ammissibile.
Questo tema è stato affrontato da Helga Zepp-LaRouche nel corso della sua videoconferenza settimanale il 13 gennaio, durante la quale ha avvertito che il pericolo viene dalla mentalità arrogante che caratterizza il partito della guerra nella regione transatlantica. Il Segretario di Stato Anthony Blinken e i principali leader della NATO, come Jens Stoltenberg, credono che gli Stati Uniti debbano rimanere la potenza mondiale dominante, che la “vittoria” nella guerra fredda dia loro il diritto di imporre la sottomissione da parte di tutte le altre nazioni alla propria visione di un mondo unipolare. Tuttavia, l’emergere del potere economico della Cina, la modernizzazione delle forze armate russe e l’alleanza tra Mosca e Pechino rappresentano una sfida a questo ordine unipolare post-Guerra Fredda, soprattutto nella prospettiva di una traiettoria declinante, anche brusca, delle economie occidentali e del sistema finanziario trans-atlantico.
Perciò, Helga Zepp-LaRouche ha posto una domanda cruciale: ha senso che le nazioni europee restino in un’alleanza militare che minaccia di lanciare una guerra in Europa che distruggerebbe ognuna di loro? C’è ora una situazione, ha proseguito, in cui la NATO andrebbe sostituita “con una nuova architettura di sicurezza che garantisca la sopravvivenza e gli interessi di sicurezza di tutti”.
La fondatrice dello Schiller Institute ha fatto riferimento a due esempi di segno opposto come la Pace di Westfalia del 1648, che pose fine alla Guerra dei Trent’anni, e il trattato di Versailles alla fine della Prima Guerra Mondiale. I principi di Westfalia erano che “per il bene della pace, si deve perdonare tutto ciò che è stato fatto da una parte o dall’altra” e si deve “prendere in considerazione ‘l’interesse dell’altro’… perché non si può avere una pace duratura se si ignorano palesemente gli interessi di sicurezza” delle altre nazioni.
Al contrario, i vincitori della prima guerra mondiale, riuniti a Versailles, accusarono la Germania di essere l’unica responsabile della guerra e le imposero enormi riparazioni punitive che portarono prima all’iperinflazione, poi alla depressione e al successivo caos sociale, spianando la strada all’ascesa dei nazisti.
Oggi, piuttosto che supporre che la pace possa essere raggiunta imponendo un assetto unipolare, sostenuto dalla potenza militare dell’alleanza USA/NATO, impegnata a difendere quell’ordine globale che favorisce principalmente gli interessi finanziari della City di Londra-Wall Street-Silicon Valley, “c’è bisogno di un’architettura di sicurezza che tenga conto degli interessi di tutti, e questo include segnatamente la Russia, include segnatamente la Cina”.
Con un tale accordo, l’impulso a cercare soluzioni militari per le crisi economiche può essere sostituito dalla cooperazione per il perseguimento del reciproco vantaggio, che è l’unico vero percorso per la pace.