Il 12 febbraio, un portavoce del Dipartimento della Giustizia USA ha confermato che il governo ha fatto ricorso contro la sentenza del tribunale inglese che ha respinto l’estradizione di Julian Assange. Nel frattempo, la vita del fondatore di Wikileaks continua ad essere in pericolo a causa delle condizioni nella prigione di Belmarsh. Il ricorso USA non ha tenuto in minima considerazione la lettera firmata da numerose organizzazioni per i diritti umani e le libertà civili statunitensi, che definiscono le accuse rivolte ad Assange “una grave minaccia alla libertà di stampa sia negli Stati Uniti che all’estero”.
Il 9 febbraio, in un intervento in aula, la parlamentare europea Clare Daly ha paragonato il modo in cui è stato trattato Assange a quello di Alexey Navalny. “Ascoltando l’incessante russofobia in quest’aula, perché ci si sorprende se la Russia non vede alcun motivo per intrattenere rapporti con l’UE? Io sono felice come tutti gli altri di difendere i diritti chiunque, compreso Navalny, ma siamo onesti: egli è un razzista anti-immigranti, riscuote forse un 4% di sostegni e mobilita qualche centinaio o migliaio di persone in città di milioni di abitanti; è difficile parlare di movimento di massa. E non staremmo qui a parlare di lui se fosse stato arrestato in qualsiasi altro paese che non sia la Russia”.
Nel frattempo, Julian Assange è in prigione da quasi dieci anni per aver denunciato i crimini di guerra americani. Non ci è concesso menzionarne il nome. Domani Pablo Hasél, un rapper catalano, va in prigione per i testi delle sue canzoni. Dov’è la richiesta di sanzioni contro la Spagna? Domani, la sessantaduenne Claire Grady andrà in prigione in West Virginia per aver partecipato ad un’azione non violenta contro i sottimarini Trident”. Dov’è la protesta? Ha chiesto. “Da nessuna parte! Perché non si tratta di diritti umani, ma di un’agenda geopolitica contro la Russia, alimentata da un complesso militare-industriale che ha bisogno di un nemico per giustificare i finanziamenti”.
Anche il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha lanciato un ammonimento all’UE a causa delle interferenze nel caso Navalny. L’8 febbraio, la missione polacca aveva organizzato una riunione online a Bruxelles con due consiglieri di Navalny e con rappresentanti dell’UE e di altri paesi, per discutere come rispondere all’arresto dell’oppositore russo. Lavrov ha minacciato che la Russia è pronta alla rottura con l’UE se questa continua a imporre sanzioni che causano danni economici.