Le manifestazioni degli agricoltori olandesi si sono ora estese ad altri settori produttivi della società e si sono trasformate in una protesta generale contro il governo. Il 4 luglio i pescatori si sono uniti alla protesta, bloccando diversi porti (escluso quello di Rotterdam), mentre gli agricoltori hanno bloccato i centri di distribuzione dei principali mercati al dettaglio. Come ha spiegato uno dei leader del movimento, Sieta van Keimpema, in un videomessaggio ai colleghi tedeschi, proiettato al congresso del movimento per i diritti civili Solidarietà a Francoforte il 2 luglio, la popolazione sostiene l’azione, nonostante i disagi al traffico e ai rifornimenti che essa crea in alcuni casi: https://www.youtube.com/watch?v=YYgQC8RNxZo
La protesta è stata scatenata da una lettera del ministro per la “Natura e l’azoto” Christianne Van der Wal, che ha annunciato la decisione di chiudere il 30% delle aziende agricole per ridurre le emissioni di azoto. La lettera era accompagnata da una mappa che divideva i Paesi Bassi in diverse aree colorate, a seconda dell’entità della riduzione delle emissioni, che va dal 12% al 95%. Il governo si offre di acquistare le aziende agricole da chiudere, molte delle quali sono lì da secoli, e teoricamente gli agricoltori potrebbero essere autorizzati ad aprire una fattoria altrove, ma questo è di fatto impossibile, ha spiegato la signora Keimpema. I Paesi Bassi hanno circa 53.000 aziende agricole e sono tra i maggiori esportatori di prodotti agricoli, per un controvalore che, nel 2021, ammontava a 105 miliardi di euro.
Dopo le prime manifestazioni di massa che hanno coinvolto 60.000 agricoltori e 20.000 trattori, sono state avanzate proposte di modifica della legge, ma sia il governo che il parlamento le hanno respinte. Gli agricoltori hanno quindi deciso di continuare la protesta e di cercare alleanze in altri strati della società. Inizialmente diretta contro la legge sull’azoto, la protesta si è ora trasformata in una protesta contro il governo, il cui sostegno popolare nei sondaggi è inferiore al 15%.
In realtà, la situazione è esplosiva ovunque in Europa, dove l’esistenza stessa dei vari settori produttivi della società è minacciata dall’iperinflazione e dalle cosiddette misure “verdi”.
La particolarità della protesta olandese è che si verifica in un importante centro di potere oligarchico in Europa. In particolare, una delle cause principali dell’iperinflazione dei prezzi dell’energia è il mercato a termine del gas TTF di Amsterdam. Il TTF è stato istituito come parte del mercato energetico dell’UE ed è stato modellato sul National Balancing Point britannico. Ha progressivamente sostituito i contratti bilaterali a lungo termine tra i Paesi e consente non solo ai commercianti all’ingrosso, ma anche ai trader finanziari, di determinare il prezzo dei contratti a termine sul gas naturale. Le scommesse degli hedge fund sulla borsa TTF hanno creato una scarsità artificiale di gas e portato i prezzi a un livello insostenibile, ben prima della guerra in Ucraina. I profitti finanziari generati dalla TTF sono ora parte integrante del casinò finanziario globale. Il movimento di protesta, per avere successo, deve prendere di mira questo e altri elementi del sistema e chiedere una sorta di protezione regolamentata sul modello “Nuova Bretton Woods” per i produttori e le famiglie.